Istat 2014: le debolezze della scuola italiana


Dopo i dati riguardanti l’Università, proseguiamo la ripresa di alcuni elementi che l’annuale rapporto Istat ci offre sulla scuola italiana. Non si tratta certo delle principali debolezze, che sono ben altre da quelle indicate dal rapporto, ma purtroppo si tratta di continue conferme che non possono essere trascurate anche richiamandosi ad importanti, ma limitati, elementi di eccellenza. (DiSAL)

  

La fotografia dell’Istat conferma tutti i ritardi dell’istruzione in Italia

Il Sole 24 Ore -  26 dicembre 2014  - di Eugenio Bruno

Nell’anno scolastico 2012/2013 gli studenti iscritti nelle scuole di ogni ordine grado e ordine sono quasi nove milioni, circa 17.500 in meno rispetto al precedente anno. Gli alunni stranieri, in continua crescita, costituiscono poco meno del 9 per cento del totale degli iscritti. Sono alcuni dei numeri contenuti nell’annuario statistico 2014 dell’Istat, che conferma anche il ritardo della nostra istruzione universitaria.

La fotografia della scuola
Degli iscritti alle scuole di ogni ordine e grado si è detto. la pubblicazione dell’Istituto di statistica si sofferma poi sugli esami di maturità. Evidenziando come la quasi totalità degli studenti ammessi li superi: nell’anno scolastico 2012/2013 si tratta del 99,7 per cento per le medie e del 98,8 per cento per le superiori. Con un picco nei licei classici e scientifici. Le studentesse ottengono tassi di successo più elevati in tutti gli indirizzi di studio e mostrano anche una maggiore propensione a proseguire gli studi dopo la scuola secondaria: quasi 62 diplomate su 100 si iscrivono all’università, a fronte del 50% dei diplomati.

I ritardi dell’università
Sempre a proposito di università Nell’anno accademico 2012/2013, sia il numero delle immatricolazioni sia quello delle iscrizioni universitarie risulta in flessione rispetto all’anno precedente (-9,0 e -2,4%). In lieve calo purtroppo anche i laureati che nel 2012 sono stati 297.448 (-0,5 per cento). Cresce invece il gradimento per i corsi accademici dell’Alta formazione artistica e musicale (Afam), che registrano un aumento di iscritti del 7,5 per cento.

Gli sbocchi occupazionali
Per quanto riguarda l’inserimento nel mondo del lavoro, nel 2011, lavora il 48,8% dei diplomati del 2007; in misura maggiore i diplomati degli istituti professionali (69,5 per cento) e tecnici (60,1 per cento); gli uomini (54,7 per cento) più delle donne (43,0 per cento). Migliora invece la situazione per i laureati: nel 2011, dopo circa quattro anni dal conseguimento del titolo lavora il 69,3 per cento dei laureati dei corsi triennali e il 74,5 per cento di quelli dei corsi lunghi. Fra chi si è laureato nel 2004 e nel 2006, risultava infine occupato il 92 per cento del totale.

 

Istruzione, l'Italia resta fanalino di coda nella Ue

Avvenire  -  27 dicembre 2014

Non è proprio una novità, ma ogni volta che le cifre lo confermano è come ricevere un altro pugno nello stomaco. L'Italia è ultima nell'Unione Europea per spesa pubblica nell'istruzione, per la quale investe solo il 4,6% del Pil. Lo sottolinea l'Anief, Associazione nazionale insegnanti e formatori, evidenziando il dato contenuto nell'Annuario statistico pubblicato dall'Istat nei giorni scorsi.
Se in valori assoluti, è la Danimarca a investire più risorse nel sistema educativo, fanno meglio meglio di noi, secondo quanto riporta l'associazione, anche Paesi come il Regno Unito (6,4%), Paesi Bassi (6,2%), Francia (6,1%), Portogallo e Spagna (5,5%), Germania (5,1%). Usciamo sconfitti anche dal confronto con Stati Uniti (6,9%), Australia (5,8%) e Giappone (5,1%). Il risultato del basso investimento dell'Italia "si traduce in un deludente tasso di scolarità dei giovani di 15-19 anni e in un modesto conseguimento di diplomi di maturità e di laurea".
Ad avviso di Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e segretario dell'associazione dei dirigenti scolastici Confedir, "tutti i Governi dei Paesi moderni hanno compreso che un giovane ben formato è una risorsa in più, anche per rilanciare lo sviluppo economico nazionale: da noi gli ultimi anni invece sono stati contrassegnati dai tagli". "E ancora non si volta pagina: nella Legge di Stabilità approvata a ridosso di Natale sono state cancellate le supplenze brevi e gli esoneri dei vice-presidi, oltre alla mancata stabilizzazione dei 100mila docenti precari abilitati dopo il 2011", conclude Pacifico.
Il confronto diventa "ancora più vistoso - prosegue l'Anief - se si guarda al 'Tasso di scolarità dei giovani di 15-19 anni" per il quale l'Istat rileva che da noi è inferiore alla maggior parte degli altri Paesi europei, e che tra il 2011 e il 2012 in Italia è calato passando dall'81,3% all'81%". "In Germania - prosegue l'Anief - la frequenza scolastica nella stessa fascia di età è superiore al 90%: in altri Paesi, come Belgio, Irlanda e Paesi Bassi si attesta attorno al 93-94%".
Per l'Anief, "non ci si può meravigliare, se da noi il tasso di conseguimento della maturità superiore e del diploma di laurea è fermo al 79% e al 32%. In Danimarca arriva al diploma il 90% e alla laurea il 50%. Se si guarda solo al conseguimento della maturità, la Finlandia riesce nel 96%. Germania, Regno Unito e Paesi Bassi tra il 92% e il 95%". Secondo Pacifico, "questi dati confermano che investire nella formazione, nella scuola e nell'università non va considerata una spesa, ma un saggio investimento: perché un giovane preparato è una risorsa in più, anche per rilanciare lo sviluppo economico del Paese".

 

Per approfondire

http://www.istat.it/it/files/2014/11/C07.pdf

 

 

 
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