Dirigenti scolastici e reggenze: la stampa da voce alla battaglia DiSAL


Da fine luglio DiSAL ricorda la drammatica trascuratezza della figura direttiva nelle scuole, continuando a sollecitare l’Amministrazione e la politica sull'assenza di dirigenti in moltissime scuole italiane. A fatica qualche notizia era uscita e subito l’abbiamo segnalata. Fino alla fine di agosto nessun sindacato ha mai sollevato il problema, mentre qualcuno si è subito precipitato a dichiararsi soddisfatto delle 620 nuove nomine, senza vedere i buchi che rimanevano.

In questi ultimi due giorni, con l’avvio dell’anno scolastico ora qualche giornale in più parla del problema. Dalle regioni ci segnalano lettere di docenti che lunedì 1 settembre si sono trovati a scuola senza nessuno che dicesse loro che cosa occorreva fare. C’è solo da augurarsi che il documento governativo di domani dia qualche parola nuova in proposito, anche se le prime anticipazioni sembrano accennare a manovre che sanno di ritorno al centralismo ed alla burocraticità della professione. (DiSAL)

 

Corriere.it  -  di Antonella De Gregorio

Nuovo anno al via, ma nelle scuole manca un dirigente su otto

Nomine «last minute» per 620 dirigenti, ma ancora 1.200 sedi restano vacanti. Renzi: «Ai presidi chiederemo di fare di più».

Una pioggia di nomine al fotofinish non scongiurerà una partenza con tanti buchi. Più di mille scuole inizieranno l’anno «acefale», senza guida o, meglio, senza la guida che ci vorrebbe. La denuncia parte dalla Disal, l’Associazione Dirigenti Scuole Autonome e Libere, che conta in 1.200 gli istituti che quest’anno non avranno il dirigente titolare: circa una ogni otto, delle 8.569 scuole italiane. Non una novità assoluta: l’anno scorso la situazione era ancora più critica (nella sola Lombardia risultavano 500 «vacanze»). Ma, certo, una difficoltà in più per quelle «comunità educative» affidate, per il loro funzionamento, ai dirigenti scolastici.

Le reggenze

Difficoltà che le 620 nuove nomine avviate - un po’ all’ultimo momento - il 26 agosto dal Miur mitigano, ma non risolvono. In gioco, dicono dall’Associazione professionale, è la continuità di gestione degli istituti. E se i più piccoli (quelli sotto la soglia dei 600 alunni) sono per legge affidati a «reggenti» - e cioè presidi di altri plessi che si trovano così a garantire il funzionamento di due o anche tre scuole diverse - per i 725 rimanenti si ricorre a misure provvisorie. Ripagati, in busta paga, con maggiorazioni modeste, ritagliate nella contrattazione sindacale d’istituto.

Bottino a metà

Il presidente della Disal, Ezio Delfino, ha definito la boccata d’ossigeno delle 620 assunzioni «un bottino a metà». Intanto perché in Toscana e in Campania (dove sono più di 100 i dirigenti da nominare) le operazioni concorsuali che vedranno insediati i nuovi capi d’istituto sono ancora da concludere. Poi perché lo stesso ministero che ha appena allungato un angolo di coperta per coprire i buchi, aveva emesso qualche settimana fa un altro provvedimento, di segno contrario, che bloccava le proroghe per 180 dirigenti anziani a fine servizio che avevano espressamente dichiarato la disponibilità a proseguire. Infine, il tanto atteso concorso che dovrebbe svolgersi entro il 31 dicembre - ma del quale peraltro non c’è traccia - già si sa che sarebbe insufficiente a colmare il fabbisogno, visto che ai 750 posti oggi vacanti se ne aggiungeranno, dal primo settembre 2015, almeno altri 800.

Riforma

Sui timori della categoria, ha steso oggi un velo il premier Renzi, che ha annunciato che nella riforma della scuola verrà chiesto: «ai presidi di fare di più, aumentando competenze e responsabilità, ma anche snellendo la struttura amministrativa attraverso un percorso di digitalizzazione procedurale spinta». «Annunci che vanno nella direzione giusta - commenta Rembado di ANP -. Anche in altre occasioni il premier ha parlato dei dirigenti scolastici come di sindaci, tracciando così un parallelo tra organi esecutivi di autorità territoriali e autonomie funzionali». Certo, ammette, «se si andranno ad accrescere oneri e cariche di lavoro, nella discussione dovranno entrare anche valutazioni su risorse e riconoscimenti».

Valutazione

Anche perché, come da anni sottolinea l’associazione, quella dei capi d’istituto è la categoria dirigenziale peggio retribuita di tutto il comparto della Pubblica Amministrazione, con retribuzioni medie di 55mila euro lordi l’anno, «mentre altri dirigenti dello Stato, a parità di qualifica, arrivano a 90-100mila». E forse dovrà essere l’incentivo economico la chiave per muovere i presidi ad accollarsi quei delicati compiti di valutazione che serviranno a valorizzare i docenti nella nuova stagione della scuola italiana.

2 settembre 2014 | 17:28

 

Italia Oggi -  2 settembre 2014

Il Governo ha “esodato” i presidi a fine carriera. Il 20% delle scuole era senza titolare.

Più di mille scuole senza direzione: reggenze e dimensionamento rovinano la scuola

Fin dal 28 luglio DiSAL aveva ricordato le gravi difficoltà nelle quali avrebbe preso avvio il nuovo anno scolastico, soprattutto (tra gli altri problemi) per la vasta mancanza di dirigenti scolastici stabili. Nel silenzio generale, mentre si sono tenuti in servizio insegnanti di 64 anni, magistrati, docenti universitari e primari, 176 scuole si sono aggiunte alle 1018 senza più un preside a tempo pieno nello scorso anno. A queste vanno aggiunte i 475 istituti sottodimensionati: totale 1669, il 20% delle scuole statali.

Non era mai accaduto nella storia della scuola italiana ! Un “buco” del quale però è raro trovare proteste o lamentele sindacali lungo tutto lo scorso anno scolastico, nonostante l’ampia prevedibilità a causa dello stato di abbandono della funzione direttiva praticata dalle istituzioni negli ultini cinque anni.

Eppure, con una sollecitudine particolare, prima ancora della conversione in legge del D.L. 90/14, avvenuta giovedì 7 agosto alla Camera, il MIUR aveva dato disposizioni (Nota 2507 del 28/7/14) per attuare il blocco delle proroghe in servizio dei presidi che avevano raggiunto i requisiti di servizio e d’età. Lo stesso Ministero del Tesoro, che a tutt’oggi non ha ancora pubblicato la regolare autorizzazione al reclutamento di 620 nuovi dirigenti (la cui procedura è stata avviata, all’ultimo minuto, lo scorso 25 agosto), aveva già avviato da luglio le modifiche stipendiali dei 176 presidi lasciati a casa !

Anche dopo le 620 nuove nomine, avviate all’ultimo minuto lo scorso 25 agosto, il numero delle scuole che sabato 30 agosto sono state affidate in reggenza è altissimo: restano 1049, comprese le sottodimensionate.

La permanenza in servizio dei 176 dirigenti anziani, o perlomeno (come chiedevano i due ordini del giorno approvati anche dal Governo – sic ! -  alla Camera ed al Senato durante il dibattito parlamentare) di quelli nelle cui regioni si verificassero situazioni difficili, avrebbe ridotto il grave disagio d’avvio d’anno a molte scuole. Se poi si pensa che queste proroghe negate riguardano in gran parte scuole superiori tecniche e professionali (cioè le situazioni attualmente più difficili del sistema) si comprende la poca ragionevolezza di quanto sta accadendo. Regioni come la Lombardia hanno nominato sabato 30 agosto 84 reggenze a fronte di 31 dirigenti dimissionati che così avrebbero potuto ridurre iol disagio a 31 scuole !

C’è poi il problema della Campania dove la graduatoria dei dirigenti scolastici aventi diritto per le nuove nomine non esiste ancora, aumentando così i posti vancanti.

La reggenza è un infelicissimo istituto contrattuale che probabilmente può funzionare in altri settori della P.A. ma che nella scuola ha conseguenze nefaste, togliendo quella funzione direttiva stabile che tutte le ricerche internazionali confermano decisiva per il normale funzionamento e la buona qualità di una scuola. Nessuna nazione europea conosce e quindi utilizza questo istituto.

All’infausto istituto della reggenza rimane strettamente collegato il tema del dimensionamento scolastico che, ingigantendo le unità scolastiche fino a 1500-2000 alunni spesso suddivisi su più plessi e territori, ha portato il numero delle Istituzioni scolastiche autonome in Italia ad un numero di quasi la metà di quello francese, inglese e tedesco.

Ne consegue che certa politica, certo sindacato ed una certa mentalità diffusa anche in chi si occupa di scuola porta sempre più la figura del dirigente scolastico ad assumere una funzione puramente amministrativa e burocratica, proprio in un momento in cui occorrerebbe un ‘presidio’  di governo delle singole istituzioni scolastiche responsabile, attento e protagonista di una direzione educativa e culturale, a servizio della libertà educativa dei docenti e delle famiglie”.

La legge di riforma della P.A. doveva rinnovare la dirigenza pubblica: peccato che non aveva previsto nessun piano di nuove assunzioni, neppure per coprire il turn-over dell’anno. Da anni si chiedono nuovi concorsi per le scuole statali (dirigenti scolastici e direttori amministrativi) dove l’età media è la più alta in assoluto tra le scuole europee.

Mentre una grande nave da rottamare come la Concordia ha ricevuto tante cure e attenzioni, la grande Nave dell’Istruzione (che doveva essere cura prioritaria) naviga senza rotta, in un “esodo” ineluttabile, nell’indifferenza dei più, occupandosi al massimo di qualche problema corporativo.  E di questi tempi di emergenza educativa e culturale non è proprio una bella notizia.

Roberto Pellegatta, dirigente DiSAL

 

Tempi.it  -  2 settembre 2014   -  di Chiara Rizzo

La riforma della scuola di Renzi rischia di essere un pasticcio

Il premier Renzi durante la conferenza stampa di presentazione di “Millegiorni”, sventolando un fascicolo rosso ha assicurato che «La riforma della scuola è pronta. I giornali dicono che non ci sono coperture, che lavoriamo ancora sui contenuti. Invece è tutto già scritto nero su bianco, e mercoledì lo presenteremo». Nel mondo della scuola, in queste ore, l’attesa è accompagnata da molto scetticismo, come spiega a tempi.it Roberto Pellegatta, dirigente di Disal, l’associazione dei dirigenti scolastici.

Pellegatta, si parla dell’assunzione di centomila docenti precari: attualmente sarebbero circa 500 mila i docenti iscritti nelle graduatorie. Una platea che va a coprire cattedre di 12 mesi, i posti vuoti per aspettative e le supplenze brevi. Voi di Disal cosa ne pensate?
La notizia sembrerebbe smentita, da quanto si legge su alcuni quotidiani, come la Stampa. Se così fosse, sarebbe un problema molto grave. Uno dei nodi più intricati della scuola rimane il reclutamento di docenti. Negli ultimi anni c’era stato un reclutamento annuale di 30 mila docenti, la mancata conferma sarebbe un piccolo terremoto. Non si può fare scuola senza stabilità di docenti e dirigenti. Il ministro Stefania Giannini ha parlato di ampliare l’organico funzionale: con questo termine si indica un bacino di docenti a disposizione di ogni istituto, in base al numero degli studenti aumentato del 10 per cento. Si dovrebbero destinare a questo incarico i docenti in graduatoria: sarebbe bellissimo, certo. Ma come si fa ad annunciare l’ampliamento dell’organico funzionale, se non si sa con che coperture farlo? Io credo che il dietrofront del governo sulle assunzioni nasca proprio dalla mancanza di fondi adeguati. Ma ciò non basta per lasciare aperto ancora il problema del personale docente. Faccio un esempio: nella mia scuola, su 123 posti di docenti, 47 sono a supplenza. Se venissero eliminati i supplenti, chi li sostituirebbe? Occorre semplicemente immettere in ruolo chi al momento sta già insegnando come supplente. Perciò mi chiedo se il governo, che fa certi annunci e poi li smentisce, è incompetente o fa delle promesse che sa di non poter mantenere.

Voi come proponete di risolvere il problema?
L’unica forma per eliminare le supplenze è avviare una contrattazione seria con il sindacato, proponendo una riduzione degli stipendi in cambio dell’immissione in ruolo di chi ora è precario.

Lo scorso 25 agosto il ministero dell’Istruzione ha reclutato 620 nuovi dirigenti scolastici per il nuovo anno scolastico. Secondo i dati di Disal, tuttavia, sono ancora 1.049 le scuole affidate in reggenza a dirigenti che si occupano di più istituti. Perché siete scettici di fronte a questa nuova misura?
È sicuramente positiva la notizia del reclutamento dei 620 reggenti. Ma la presenza ancora di mille reggenze mette l’Italia in una situazione unica in Europa. Tutte le ricerche dicono che è importante la figura di un dirigente nella politica della scuola, figurarsi poi se al dirigente si volesse dare un ruolo manageriale come ha annunciato il premier. Il problema delle reggenze è particolarmente grave per gli istituti tecnici-professionali, anche se lo stesso Renzi ha annunciato che proprio su queste scuole si vorrebbe puntare, con rapporti tra scuole e aziende più efficienti. Il rapporto scuola-lavoro è giustamente un punto cardine del rinnovamento del sistema scolastico, dato che il 48 per cento dei giovani dopo la scuola restano disoccupati. Bene, quindi, fa il governo a proporre alle scuole di organizzare un rapporto nuovo con le aziende. Ma come è possibile farlo nella pratica, considerato che nella sola Lombardia due terzi delle scuole senza presidi sono proprio istituti tecnici? Il rischio è che ci saranno scuole fortunate e scuole sfortunate.

Una delle proposte che sarebbe contenuta nella riforma della scuola di Renzi è la selezione di nuovi dirigenti attraverso un concorso gestito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, per evitare i problemi dell’ultimo concorso bandito dal Miur, che ha avuto lunghe vicissitudini giudiziarie. Anche rispetto a questa misura siete contrari. Perché?
Perché si torna ad un reclutamento centralizzato, puntando sulla pubblica amministrazione, che, per altro, è tutta da ricostruire. La riforma della Pa approvata ad agosto, infatti, ha previsto di centralizzare le scuole di formazione per l’amministrazione pubblica in una sola. Il primo problema che si pone se i nuovi dirigenti dovessero essere formati in una scuola centrale è che dovremo attendere del tempo. Inoltre, fino ad oggi, si era riusciti a far riconoscere allo Stato che i dirigenti scolastici non erano assimilabili alla dirigenza pubblica, per le competenze necessarie a dirigere una scuola, del tutto peculiari. Adesso nella formazione dei nuovi dirigenti scolastici in una scuola generica per amministratori pubblici verrebbero messe in secondo piano le competenze didattiche e psicologiche.

In Francia tutti i dirigenti pubblici, anche quelli scolastici, vengono formati alla École nationale d’administration publique, che funziona benissimo.
La École funziona bene perché i dirigenti scolastici, prima di entrare alla scuola per essere formati, devono obbligatoriamente fare due anni di vicedirigenza nelle scuole. Devono lavorare cioè sul campo per due anni come vicari. E questo in Italia adesso non esiste. La soluzione migliore, a nostro avviso, sarebbe stata quella che è già in atto negli enti locali: un ospedale o un’università reclutano direttamente i futuri dirigenti. Perché non fare così anche nelle scuole?

 

 
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