Scuola, impresa sociale e alleanze educative - don G. Battistuzzi


Dirigenza scolastica: nuove responsabilità ed alleanze educative 

Convegno nazionale Chianciano Terme (Siena) 26-28 ottobre 2006

Chianciano Terme 28 ottobre 2006

La scuola come impresa sociale in una rete di alleanze educative (don Giancarlo Battistuzzi)

Come rispondere alla domanda: quali sono oggi le caratteristiche di un buon dirigente scolastico?

Il buono e il cattivo vanno sempre riferiti ad una norma divina o umana. Quindi enunciare, o più semplicemente suggerire, quali debbano essere le caratteristiche di un buon dirigente oggi, impone  chiedersi quali siano o debbano essere le caratteristiche della scuola in questo periodo storico. Il dirigente lavorerà bene o male se riuscirà a rispondere alle attese sociali ed ecclesiali riposte nella scuola. Quindi la domanda si sposta inequivocabilmente dal dirigente alla scuola: quale scuola?

 

Dai dati storici in nostro possesso l’educazione dei giovani, nata liberamente in Grecia come esclusivo privilegio dei padri e talora dei precettori  che ne integravano e ampliavano la preparazione culturale, passò, per esigenze politico-sociali, sotto il controllo del potere costituito, il quale ne valutava la preparazione con l’istituzione di concorsi, gare ed esami.

Le prime notizie di scuole direttamente gestite dallo Stato, risalgono al periodo cretese, successivamente a Sparta, ad Atene e a Roma dal V° secolo a.C. Le scuole del periodo classico sia paterne sia statali avevano uno scopo comune: formare il buon cittadino e il buon guerriero. Solo in Atene si cominciò a progettare percorsi scolastici legati all’erudizione per la particolare concezione di Stato evolutasi in quella città; a Roma si privilegiò invece la retorica, avendo i Romani in grande considerazione il diritto. In ambiente cristiano, fino a metà del XVIII secolo, il progetto educativo era ben definito, unico sia nei Paesi della Riforma sia in quelli della Controriforma: modellare il giovane sui canoni teologici e antropologici evangelici. 

Con l’affermarsi del pensiero illuminista, che fondava la libertà dell’uomo nella sola forza della ragione, si iniziò a screditare sistematicamente il cammino cristiano di liberazione umana, che aveva il suo centro  nel processo di identificazione alla volontà di Dio. In ogni caso, dalla Grecia ad oggi, il modello di uomo si è identificato con la proiezione di un’idea relativamente semplice: il buon cittadino-soldato, il buon filosofo o giurista, il buon cristiano e ultimo il soggetto capace di realizzare un’autocoscienza individuale attraverso l’uso della sola ragione. Un’affermazione, quest’ultima, che ha mostrato tutta la sua forza “rivoluzionaria” minando alla base gli Stati monarchici assoluti e la Chiesa e favorendo la nascita degli stati democratici, della rivoluzione industriale e tecnologica e del mito dell’onnipotenza dell’uomo razionale. Conviene soffermarsi un po’ di più sulla influenza che il pensiero illuminista ha ancora oggi sulla società e sulla scuola.        

Nel “secolo dei lumi” la diffusione delle scuole laiche statali o comunque omologate alle statali fu grande. Esse avevano il compito di formare il nuovo cittadino, il quale, attraverso il sapere delle cose, si sarebbe sollevato all’autonomia intellettuale e morale, combattendo in modo determinante l’impostazione confessionale dell’insegnamento delle scuole umanistiche.

La scuola italiana di Gabrio Casati (15 novembre 1859) e quella del ministro Gentile del 1923 avevano alla base questi principi ideali.

A posteriori abbiamo la conferma storica che la ricerca della libertà dell’uomo, attraverso la sola ragione, non poteva  portare allora come oggi la società ai risultati sperati: il progresso scientifico e tecnologico non è in grado di risponde del tutto a questa esigenza, la struttura degli Stati democratici comincia a presentare delle brecce per logoramento; la ricchezza economica ha spinto l’uomo verso altre forme di povertà e la libertà è degenerata in un pericoloso e diffuso individualismo. Il modello culturale illuminista è entrato in crisi senza che all’orizzonte culturale laico si sia presentato un pensiero forte, una idea semplice che rigeneri la società e che dia quindi alla scuola un obiettivo da perseguire e  da raggiungere: un’idea, un progetto di uomo e di società che aiuti la scuola a scegliere gli obiettivi intermedi e quelli finali con gli strumenti e le strategie più idonee. Solamente in questo panorama culturale si potrà iniziare a definire il compito di un Dirigente e così delinearne il “modello”.

L’aumento delle responsabilità amministrative, di coordinamento dell’ attività didattica, dei rapporti interni e esterni alla scuola, senza avere ben chiaro un progetto ideale da seguire, crea nel Dirigente e nei docenti un danno motivazionale che va a riflettersi in ambito educativo-pedagogico.   

Certamente per dirigere una scuola bisogna avere presente la complessità dell’attuale mondo  giovanile, saper far quadrare i conti, organizzare progetti, intrattenere positivi rapporti istituzionali e sociali, ecc., 

ma prima di tutto questo, serve un’idea unificatrice, che permetta di selezionare e ordinare le molte incombenze del Dirigente e dei docenti: un obiettivo che orienti la società e quindi la scuola.

Questa debolezza di ideali e di pensiero si manifesta quando in Occidente si avverte maggiormente bisogno di un orizzonte culturale ben definito, per affrontare e risolvere le grandi sfide della globalizzazione culturale ed economica.

In questa povertà di ideali si corre il rischio, nella riforma della scuola, di confondere la struttura educativo-scolastica con i valori che la società dovrebbe esprimere.

Da qui la difficoltà  della scuola italiana: non ha più un ideale di società e di uomo da servire.

Solo il mondo religioso sa proporre ideali trascendenti che il tempo non può logorare; lo stesso illuminismo ha esaltato la libertà dell’uomo, che è un aspetto religioso altissimo e sacro per la cristianità, con il solo errore di averla posta al vertice della realtà umana. Pertanto ritengo che ancora una volta il Cristianesimo sia chiamato a suggerire nuove strade per un nuovo umanesimo. Il valore aggiunto della Chiesa rispetto alle altre realtà sociali è la sua trascendenza. La scuola cattolica, se vive il vero spirito ecclesiale, partecipa di tale trascendenza e questo è il suo valore aggiunto, anche se vissuto in modo sommesso.

Come far vivere la trascendenza della scuola e nella scuola?

Ecco la risposta al quesito iniziale: quale scuola vogliamo e quali sono le caratteristiche del Dirigente?

In un linguaggio laico si parlerebbe di eccellenza della scuola e di un buon Dirigente.

Preferisco utilizzare il termine trascendenza, perché è chiaro il riferimento ad una realtà non umana, ma per noi cristiani divina, e perché il trascendente, quando si storicizza, si fa obbedienza e servizio.  

Obbedienza e servizio, se cercati e inseguiti come esigenza interiore in uniformità a Cristo, sono, per la scuola cattolica, due cardini portanti e ne costituiscono il  valore aggiunto.

Sul piano culturale è un riannodare i fili che l’Illuminismo aveva tentato di spezzare; non intendo proporre di cancellare due secoli e mezzo di storia, bensì, arricchiti dal pensiero e dalle conquiste del recente passato ma di guardare all’uomo nella sua pienezza.

Il Dirigente sarà obbediente a Cristo e servitore dell’uomo.

Obbedire a Cristo e servire l’uomo sono un unico comandamento, cioè sono inscindibili: l’uno richiama l’altro, poiché nell’ambito scolastico l’uomo è prevalentemente l’allievo. Tutto gli sforzi educativi dei docenti, dei genitori, del Dirigente, dell’istituzione scolastica in generale devono essere rivolti a lui. Vogliamo che divenga un adulto consapevole e capace di scelte libere? Che sia forte nelle avversità e fedele ai principi che regolano la sua vita? Che abbia a testimoniare il divino che è in lui? Che si realizzi nella famiglia e nel lavoro? …….

Il dirigente che saprà sfruttare tutte le opportunità e le occasioni per indicare questa strada ai docenti, agli studenti e ai genitori potrà definirsi un “Buon Dirigente”. 

Se obbedire a Cristo vuol dire credere nell’uomo, rispettarlo nella sua libertà, pur conducendolo per mano, allora ogni aspetto della vita scolastica può essere rivisitato alla luce di quanto detto. Un  esempio per tutti, si prenda in considerazione il sistema di valutazione. Il voto, che generalmente è percepito come un elemento di controllo e conclusivo dell’iter di apprendimento, potrebbe invece divenire il fulcro di tutta l’attività didattica ed educativa di una scuola. Il singolo voto e la stessa valutazione sommativa di fine quadrimestre possono diventare un utile strumento educativo per la crescita umana dell’allievo e altresì aiutare il docente nella preparazione delle lezioni e nella individuazione degli obiettivi didattici da raggiungere. Lo strumento operativo, che permette il raggiungimento  di questa pluralità di funzioni, è infatti la griglia di valutazione/autovalutazione. Dichiarare agli studenti e alle famiglie i criteri adoperati nella valutazione degli elaborati scritti e nelle verifiche orali e pratiche, oltre ad avere il  pregio della trasparenza, sollecita lo studente alla consapevolezza di sé, dei suoi limiti e dei suoi punti di forza, lo chiama alla responsabilità nell’impegno e lo coinvolge a scelte motivate. In altri termini, attraverso l’analisi dei risultati e l’autoanalisi, lo studente viene condotto a conoscere la strada che la società gli chiede di percorrere con la consapevolezza di chi è capace di libere scelte. Lo stesso amore a Cristo e all’uomo deve sollecitare l’educatore ad un atteggiamento e ad un comportamento il più possibile coerente con quanto dichiarato ed richiesto poi dagli allievi: cioè preparazione accurata delle lezioni, puntualità e professionalità nell’impegno, ed altro. La responsabilità educativa del Dirigente, pur nella dovuta delicatezza, consiste nella verità e si spende per questa nei rapporti con le persone.

Poiché la verità, autentica o presunta che sia, provoca importanti ripensamenti nelle motivazioni e nelle scelte educative degli operatori scolastici e dei genitori, bisogna aver ben chiaro di quale verità si sta parlando: la verità proposta dall’illuminismo che pretende di liberare l’uomo con la ragione? La verità proposta dal pensiero marxista che persegue la libertà nell’uguaglianza? Oppure la verità proposta dal pensiero economico che illude l’uomo con il miraggio del benessere economico? O forse pensiamo che l’uomo possa elevarsi attraverso la “libertà sessuale ” o altre “libertà comportamentali”?  Noi, scuola cattolica, scegliamo la proposta di Cristo che indica la via della libertà nell’adesione all’Amore e nel dono di sè.

Per finire, in questi ultimi anni il Dirigente scolastico, chiamato a rincorrere le mutazioni legislative, è esposto al pericolo di dimenticare i valori forti che dovrebbero stare alla base di ogni processo educativo. Questa reale difficoltà offre in realtà al Dirigente l’opportunità di aprire un dialogo con le Istituzioni preposte all’istruzione-educazione (USR, USP, Regione, Comune, ….) per proporre un modello diverso di servizio al territorio, meno verticistico e direttivo e più vicino al concetto di sussidiarietà, affinché l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche possa divenire ricchezza comune. Nel panorama delle relazioni ad extra propongo un breve cenno al rapporto con gli altri dirigenti scolastici, sia delle altre scuole cattoliche sia di quelle statali, per ricordare quanto sia importante aprire utili collaborazioni per il bene comune. La stima dei colleghi dirigenti nasce dalla serietà dei nostri comportamenti e dalla linearità delle nostre scelte didattiche ed educative. L’impegno e la dedizione di chi sceglie l’Obbedienza e il Servizio come base del suo impegno educativo, suscitano comunque in loro  rispetto e ne fanno dei preziosi alleati, anche se i colleghi possono non condividerne le motivazioni di fondo, gli ideali e le scelte religiose.  

 
Salva Segnala Stampa Esci Home