Rapporto Censis: le debolezze dell'alternanza nel Rapporto 2014


Alternanza promossa con riserva

L'inchiesta del Censis: poche risorse e troppe difficoltà burocratiche. E docenti poco preparati. Il giudizio dei presidi: utile, ma serve poco per il lavoro

da ItaliaOggi – 09 dicembre 2014 di E. Micucci

I presidi promuovono l'alternanza scuola-lavoro e apprendistato. Più tiepidi i giudizi sull'impresa didattica. Tuttavia, solo poco più di un terzo ritiene che l'alternanza aumenti in maniera diretta le opportunità di occupazione dei diplomati. Almeno nell'opinione dei dirigenti scolastici delle superiori consultati sul tema dal Censis, che pubblica i risultati di questa indagine nel 48° "Rapporto sulla situazione sociale del Paese» presentato venerdì scorso (www. censis. it). Decisamente buoni i voti che i presidi danno all'estensione dell'obbligo dell'alternanza negli istituti professionali, che incassa un punteggio medio di 8,7 in una scala da O a 10. Seguito a breve distanza con 8,2 dall'introduzione dell'obbligo negli ultimi tre anni dei tecnici. Note favorevoli anche per l'inserimento degli studenti in contesti di imprenditorialità, legati all'artigianato (7,5) e per la sperimentazione dell'apprendistato negli ultimi tre anni delle superiori (7,1). Maggiori le perplessità per le attività di impresa didattica, attraverso la produzione e commercializzazione di beni o servizi, che comunque si merita un punteggio più che sufficiente, 6,8. Pesano le difficoltà burocratico-amministrative legate alla realizzazione di un'impresa formativa: per i presidi quella maggiore risiede nella gestione degli adempimenti fiscali con le risorse amministrative in dotazione organica (8,2), non mancano problemi legati alle norme di fiscalità generale e del codice civile (7,8) e alla complessità della gestione amministrativa e contabile (7,6). Ma sottolineano anche la mancanza di indicazioni e standard organizzativi condivisi dal Miur, ministero del lavoro e dicastero dell'economia (8,0). E risulta difficile individuare il possibile mercato di riferimento (6,1). «Nonostante rimangano alcuni nodi irrisolti spiega Massimiliano Valeri, portavoce del Censis -, la strada dell'alternanza scuola-lavoro sembra essere quella più adatta a potenziare nella giusta direzione il rapporto tra scuola e mondo del lavoro». Agli occhi dei presidi l'aspetto più qualificante è fornire una maggiore conoscenza del mondo del mondo del lavoro (66%), anche in funzione di orientativa per la scelta di proseguire gli studi (47,3%). Mentre la difficoltà maggiore è coinvolgere le aziende e il mondo del lavoro in genere (47%), «a cui si può correlare os-  serva il Censis -il 42,2% di dirigenti che rimarcano la difficoltà a offrire percorsi in alternanza a tutti gli studenti dell'istituto». Critiche le risorse finanziarie, insufficienti per il 46,4%. Solo il 34,3% dei presidi ritiene che l'alternanza aumenti le possibilità di trovare un posto di lavoro per i diplomati. Mentre per il 37,3% influenza i livelli motivazionali degli alunni e riduce gli abbandoni scolastici. Non solo. Rende il curriculum più adeguato alle esigenze del mondo del lavoro (32,5%). E per un quarto dei dirigenti (24,3%) è uno stimolo a una continua innovazione della didattica, oltre che aggiornare e specializzare il corpo docente (5%) e aumentare l'attrattività della scuola (13,9%). Sul versante dell'organizzazione didattica la maggiore criticità è realizzare un'effettiva integrazione dell'alternanza nel curricolo scolastico (41,5%), ma anche valutare le competenze acquisite dagli studenti nei contesti di lavoro (22,6%), mancando inoltre un apparato di monitoraggio e valutazione condiviso per le scuole (10,7). E i presidi segnalano anche lo scarso interesse delle famiglie, preoccupate del rendimento scolastico (4,9%), e dei docenti poco preparati (14,8).

 

“Garanzia Giovani", uno su dieci trova lavoro

Occupazione/Il progetto per agevolare l’impiego finanziato dall’UE con 178milioni di euro

da la Repubblica – 09 dicembre 2014 di M. Pucciarelli

Dipende se si vuol guardare il bicchiere mezzo vuoto oppure quello mezzo pieno. In Regione ( e al ministero del Lavoro) preferiscono la seconda opzione. In Lombardia ci sono circa 260mila "neet", cioè ragazzi che né lavorano né studiano. E pensando a loro, Roma ha stanziato 178 milioni di euro per il biennio 2014-2015 da destinare a livello regionale alla ricerca dell'occupazione, attraverso anche dei bonus per chi assume. Fondi arrivati a loro volta da Bruxelles, a favore di un programma denominato "Garanzia Giovani", partito nel maggio scorso. Funziona così: bisogna avere tra i 15 e i 29 anni, ci si iscrive sul portale dedicato, si sceglie la regione dove si vuole tentare di entrare nel mondo del lavoro e dopodiché le varie regioni danno l'opportunità di scegliere tra un operatore pubblico oprivato accreditato. E ad oggi sono 29.320 i giovani che si sono iscritti optando per la Lombardia, e di questi 18mila sono i residenti. Insomma, solo un "neet" su 14 ha aderito. Il totale dei giovani inseriti nel mercato del lavoro è di 5.120, ma se si sottraggono i tirocini le assunzioni sono 2.995. Ovvero, un assunto ogni 86 "neet" (bicchiere mezzo vuoto ), uno ogni dieci iscritti al piano ( bicchiere mezzo pieno). La maggior parte dei contratti attivati grazie alla Garanzia sono a tempo determinato ( 2.223 ),poi apprendistati ( 570) e infine in netta minoranza i tempi indeterminato ( 202 ). I dati scansionati dalla direzione generale del Lavoro della Regione spiegano anche chi sono quelli che hanno aderito al programma comunitario. Sono soprattutto maschi ( 55 per cento ); hanno un diploma di scuola superiore nella maggioranza dei casi (14.020 ), mentre i laureati sono 5.508. Oltre 2mila iscritti arrivano dalla Calabria, poi Campania (1.609) e Lazio ( 415 ). D'ora in avanti ogni lunedì verrà pubblicato un nuovo report sul sito lavoro.regione.lombardiait In corso c'è anche il tentativo di allineare i sistemi informativi tra regioni e ministero. Di certo finora le procedure varate a livello nazionale non hanno aiutato a velocizzare la burocrazia necessaria per avviare la cosiddetta "presa in carico" delle varie agenzie del lavoro. Non a caso alcune regioni sono ancora ferme al palo. «Ma qui da noi dice l'assessore al Lavoro Valentina Aprea "Garanzia Giovani" non rappresenta una novità, poiché nasce dall'esperienza della "Dote Unica Lavoro", ed è proprio per questo motivo che è stato possibile garantire più rapidamente i servizi ai giovani ed assicurare una piattaforma unitaria e integrata di politiche attive sul territorio regionale».

 

 
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