Il preside: negli occhi di un’alunna lo scopo di un giorno di fatica

 
- Roberto Fraccia
C’eragrande attesa per la riapertura delle scuole, anche per i presidi. Uno di loroci racconta com’è stata questa giornata particolare
L’attesa èalta e anche la preoccupazione. È una preoccupazione comprensibilmente piùintensa del solito. Da sempre  la preoccupazione e un poco di ansiainteressa i “primini”, come si usano definire nel nostro Istituto gli alunniche vanno a cominciare la Primaria o la Secondaria di primo grado. Si èsempre trattato di una preoccupazione intensa dei genitori, per i futuriapprendimenti dei loro piccoli (o meno piccoli) e dei docenti per l’attesadella nuova classe assegnata e della possibilità di un nuovo inizio. O megliodello sfidare un nuovo inizio come possibilità di mettere alla proval’esperienza maturata e contemporaneamente avventurarsi in piccole o grandinovità, in funzione del coraggio didattico di ciascuno. 
Nella miascuola, quest’anno, abbiamo prudentemente rinviato l’inizio dei “nuovi” a ognilivello a domani. Per cui si vedrà. Oggi, primo giorno,l’attesa riguardava proprio il ricominciare, anzi il riprendere a entrarenell’edificio, il muoversi all’interno, gestire gli spazi e finanche i bagni,come mai si era fatto. Tutto per il Covid.
Lapreparazione ha occupato molto del tempo a disposizione nelle due scorsesettimane, quasi si trattasse di una “prima teatrale”: vietato steccare!Nessuno lo ha esplicitamente detto; personalmente mi sono guardato bene dalminacciarlo in una delle numerose circolari dispositive di questo inizio disettembre, ma è un sentimento sorto spontaneo e corale. La scuola è stata tantocaricata di responsabilità che è risultato difficile sottrarsi a un’ansia daprestazione. Dal giugno scorso, infatti, è cominciato il martellamento delleartiglierie di Ministero e Comitati vari che hanno disposto, contro-disposto,informato, consigliato, “preferibilmente ammesso” o “probabilmente vietato”,distanziato, avvicinato e alleggerito (anche l’edilizia; per la felicità deglioperai edili … mestiere da sempre tra i più pesanti e faticosi!), fattomisurare, fatto rilevare e infine fatto autocertificare… 
Insomma,questa mattina la tensione si percepiva a pelle e l’aria era densa dielettricità: “ma guarda quelli non hanno capito nulla …!”. Questo rivolto aicolleghi che malgrado tutte le istruzioni si infilano con la loro classe dallaparte sbagliata. O ancora: “Abbiamo inviato a tutti i genitori il Patto dicorresponsabilità educativa con l’autodichiarazione sullo stato di salute,senza cui non si entra, e questi arrivano senza!”. E lì sulle panche delportico di ingresso, rigorosamente distanziati, si vanno aggiungendo i poveritapini di alunni (tipicamente pre-adolescenti) che del famoso documentoasseriscono di non averne visto neppure l’ombra. Loro vabbè, ma mamma e papà?
Cosìcominciano a partire a raffica le telefonate alle famiglie, ovunque esse siano,per rimediare al grave inconveniente.
A me toccauna sgroppata in bicicletta ad accompagnare un’alunna, da sempre più bisognosadi tutti gli altri, la cui mamma non riesce a muoversi in autonomia. Si ètrattato di un Patto stipulato “porta a porta”. Se si aggiunge che i genitoriai cancelli non hanno colto che non erano stati chiamati ad assistere a tutti iturni di ingresso, sapientemente pensati proprio per non creare assembramentiné dentro gli edifici, né sulla pubblica via e che, ripreso il mio posto indirezione mi trovo a dover rispondere a qualche genitore che desidera avere “lacertificazione di idoneità del layout delle aule”, lo sconforto miassale. Come un attore, o meglio il regista, che si accorge che il pezzoin scena non sta andando come doveva.
A quelpunto mi risulta chiaro che urge riprendere le cose per il verso giusto,ricentrare sguardo e scopi di tutto l’impegno e di tutta la fatica. Mi aiutaricordare gli occhi della ragazzina accompagnata a casa. Spalancati dietro lelenti degli occhiali mostravano tutto lo smarrimento per la mancanza in cui siera venuta a trovare. Incrociandoli avevo colto che accompagnarla non era forsetra le mie priorità della giornata, ma era il modo migliore per accoglierla ilprimo giorno di scuola.  Ecco, le priorità!
Sonopassato, allora, in tutte le classi a condividere la ripresa della scuola, non(solo) con le disposizioni, ma semplicemente con un saluto e a ricevere,soprattuto dai più piccoli della Primaria, la freschezza di un sorriso e la gioiadi esserci, anche con la mascherina.
Ecco qui miaccorgo che la “prima” èandata bene! Così bene che alle repliche mi è venuta voglia di invitare anchela Ministra: deve però venire accompagnata da un bel po’ di docenti, quelli chemi mancano. Non quelli promessi in più per tutta l’estate. Voglio quelli che miservono per chiudere i tanti buchi nell’organico normale. Ne sarei propriofelice, perché la ragazzina degli occhiali ha bisogno della sua professoressaper evitare di ributtarla nello smarrimento. 
 
 


 

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