Fonte: Il Sole 24 Ore.
Articolo di Pietro Alessio Palumbo del 4 maggio 2022. Tribunale di Roma:
ministero condannato a inserire nella seconda fascia delle Graduatorie di
circolo e di istituto e nella prima fascia delle Gps alcuni aspiranti docenti
non abilitati ma solo laureati
Con sentenza del 22
marzo scorso il Tribunale di Roma ha condannato il ministero a inserire nella
seconda fascia delle Graduatorie di circolo e di istituto e nella prima fascia
delle Gps alcuni aspiranti docenti non abilitati ma solo laureati e in possesso
dei 24 cfu nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologiche. Secondo
il Giudice romano la disciplina europea non preveda alcun titolo abilitativo
per insegnare e le «procedure abilitative» sono, in realtà , mere procedure
amministrative di reclutamento che consentono di «programmare gli accessi»
nella scuola. Secondo le Direttive comunitarie ciò che vale ai fini
dell'inserimento nelle fasce di istituto è invece il (solo) titolo di studio.
Il dispositivo
A ben vedere –
evidenzia il Tribunale di Roma – la «irrilevanza» della cosiddetta
«abilitazione all'insegnamento» la si deduce dalla stessa lettera della legge
107 (Buona scuola) laddove stabilisce che il dirigente scolastico può conferire
incarichi anche a docenti che siano sprovvisti dei titoli di abilitazione. E
ciò sembra significare che il legislatore interno ha inteso proprio attuare le
direttive comunitarie, non richiedendo più l'abilitazione all'insegnamento
quale requisito di svolgimento della professione.
Le deduzioni
Secondo il Tribunale
di Roma è quindi possibile dedurre che: a) le disposizioni comunitarie
impongono il possesso di idonea «qualifica professionale» al fine
dell'esercizio di una «professione regolamentata», quale quella di docente nel
sistema scolastico pubblico italiano, e tale requisito è condizione necessaria
ed al tempo stesso sufficiente all'esercizio della stessa; b) I titoli
accademici conseguiti in Italia, in quanto Stato membro dell'Unione europea,
rientrano nella definizione di «titolo di formazione» e quindi di «qualifica
professionale» utile all'esercizio della «professione regolamentata»; c) I
termini di «abilitazione» e «idoneità » non rientrano tra le definizioni
adottate dalle direttive comunitarie o dai relativi decreti di attuazione e
devono ritenersi sostituiti dalla più generale definizione di «qualifica
professionale» adottata dalla normativa dell'Unione europea; d) Le procedure
definite «abilitanti» dallo Stato italiano non rientrano nelle definizioni di
«qualifica professionale», adottate dalle disposizioni europee poiché non
rappresentano, ai sensi delle stesse, una «formazione regolamentata», ma un
semplice procedimento gestionale appartenente all'ambito di una modalità di
arruolamento, attuato in forma non esclusiva dallo Stato italiano, posto che il
diritto all'esercizio della professione avviene non in virtù di tali procedure,
ma in virtù di idoneo titolo di accesso conseguito secondo le vigenti
disposizioni di legge. In altri termini, il titolo non è altro che la
«qualifica professionale» conseguita secondo la normativa dell'Unione europea.
Vi è pertanto assoluta equivalenza tra possesso dell'abilitazione specifica e
possesso congiunto della laurea con i 24 Cfu psicoantropo-pedagogici e nelle
metodologie didattiche.