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L’istituto Merini che non chiude mai "Non siamo illuminati. Copiateci"

Fonte: Il Giorno. Articolo del 17 luglio 2023 di Simona Ballatore. Il preside Angelo Lucio Rossi: il 70% degli alunni non va in vacanza, una vergogna lasciarli soli. Il patto col territorio funziona.

"Una scuola aperta tutto l’anno, dalla mattina a mezzanotte: da noi esiste. E mi fa arrabbiare il fatto sembri una cosa straordinaria. Deve attecchire in tutto il Paese, è essenziale". Il preside e pedagogista Angelo Lucio Rossi da dieci anni è al timone dell’istituto comprensivo Alda Merini di Milano, tra il Gallaratese e il Garegnano. Vive nel quartiere, lo "respira", lo porta in classe. A settembre uscirà il suo nuovo libro (firmato con Giovanni Del Bene e Rossella Viaconzi) sul nocciolo della questione: "Scuola aperta o chiusa?".

Preside, quest’anno è venuto meno anche il piano nazionale “Scuole aperte d’estate“, varato in tempi di pandemia.

"C’è mai stato, al di là di formalismi, mode e spot? La scuola deve essere sempre aperta. Punto. Non va in vacanza".

Come riuscire a garantirlo?

"Grazie a un patto educativo che coinvolge tutto il territorio, associazioni, parrocchie, imprese, fondazioni. Da noi non si fa scuola solo al mattino, prosegue grazie ai laboratori delle associazioni; la palestra e l’auditorium sono aperti fino a mezzanotte. E anche l’estate rientra in questo patto. Il 70% dei nostri alunni non va in vacanza. Dovremmo lasciarli soli per tutto questo periodo in una realtà spesso angusta e col caldo? Sarebbe vergognoso. I ragazzi a scuola trovano respiro".

E in estate fate parte di un Arcipelago educativo.

"È il campus realizzato con Save The Children, che ha l’obiettivo del recupero degli apprendimento attraverso giocosità, laboratori. E sta funzionando bene. Perché è un’iniziativa che si innesta nel nostro patto educativo. Accanto ci sono altri “campus“, uno ha un taglio molto sportivo. La scuola diventa anche un laboratorio di lingue: i ragazzi parlano tra loro, imparano la grammatica della vita. Sono queste le competenze da recuperare. Penso agli ’invisibili’, che non potrebbero accedere a esperienze, campus a pagamento, alle attività che restano quando la città si svuota, spesso pensate per chi può permetterselo. Oppure a chi ha disabilità, è autistico. Scuole aperte vuol dire assicurare loro educatori ed esperienze. Ma non si crea da un giorno all’altro o con un esperimento che dura un’estate".

I ragazzi partecipano?

"Per l’Arcipelago educativo si presentano a scuola un quarto d’ora prima e non vogliono andare via. Desiderano partecipare tutto l’anno perché non si sentono più ’invisibili’, si prendono cura della loro scuola. Grazie alla Fondazione Milan sono stati ristrutturati i campi, abbiamo una serra, l’orto, un laboratorio di bicicletteria, la sartoria. L’associazione genitori non è un semplice comitato, dà sostegno".

Come rendere la formula esportabile?

"Dietro deve esserci un pensiero, un progetto. Solo così si può garantire una scuola aperta. Bisogna imparare ogni anno, migliorarsi, lavorare tanto. Le scuole aperte non devono essere “brutte“. C’è il diritto al bello. Bisogna pensare a spazi e arredi. Qui è pieno di fiori, che sono i ragazzi a dover annaffiare e far crescere. Abbiamo sistemato la fontana, senza aspettare i tempi biblici degli uffici. Non è solo un recupero delle discipline, ma della vita. Ma sa cosa mi fa veramente arrabbiare?"

Cosa?

"Quando questa cosa normalissima e abbastanza semplice, tanto da dovere essere ovvia, appare come straordinaria".

Beh, scontata non lo è...

"Lo so, ma mi sono stancato che venga dipinto come “illuminato“ un preside che fa una cosa normalissima in una città che è all’avanguardia in tutto, la città della moda, del lavoro, del turismo dovrebbe essere modello anche in questo. Ed essere copiata per questo. Non con iniziative a spot, che si chiudono e “ciao“, ma che abbiano continuità e un contesto. Qui nascono associazioni nuove perché ci sono nuove esigenze: la scuola aperta deve avere un tessuto attorno".



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