Alternanza scuola lavoro: un'utopia realizzabile ?


Pubblichiamo una comunicazione tenuta da Roberto Pellegatta, direttore rivista “Dirigenti scuole” ed esperto in sistemi e politiche scolastiche, nell’ambito del corso di formazione per docenti promosso dall’Ufficio Scuola della Conferenza Episcopale Regionale Umbria.

 

SEMINARIO FORMATIVO

Giovani e Lavoro: un’utopia realizzabile – Riflessioni partendo dall’alternanza Scuola Lavoro

PROGRAMMA

Introduzione

Annarita Caponera, coordinatrice Commissione Regionale Educazione (Educazione, Scuola e Università, Insegnanti RC) della Conferenza Episcopale Umbra (CEU)

Interventi

Silvia Cocchi, direttrice dell’Ufficio per la pastorale scolastica della Diocesi di Bologna, referente commissione alternanza scuola lavoro protocollo intesa Conferenza Episcopale Emilia Romagna e USR Emilia Romagna

Roberto Pellegatta, già dirigente scolastico, esperto formatore in sistemi e politiche scolastiche.

Conclusioni

Mons. Domenico Sorrentino, vescovo delegato CEU per la Commissione Regionale Educazione (Educazione, Scuola e Università, Insegnanti RC)

VENERDì 20 APRILE 2018  -  HOTEL CENACOLO DI ASSISI

 

Mi prendo il compito di un quadro dell’Alternanza Scuola Lavoro (ASL), con riflessioni ed esperienze.

 

1.  Cosa c’è in gioco  

 

a.  La grande questione sociale della formazione dei giovani al lavoro  in questo Paese negli ultimi anni ha finalmente mosse le acque ferme, ma senza una decisa e chiara impostazione sia nel dibattito pubblico che nelle politica.

Le grandi trasformazioni tecnologiche ed il loro impatto sui processi di produzione hanno subito una accelerazione incredibile negli anni ’70, periodo in cui inizia la crisi della nostra formazione al lavoro, ma il nostro sistema formativo su questo è in difficoltà. Basti ricordare i continui appelli delle associazioni industriale e artigiane sulla insufficienza di tecnici preparati.

Sia Giovanni Paolo II che Papa Francesco nel loro magistero sociale ci hanno indicato invece una chiarezza antropologica per la visione del problema. Giovanni Paolo II parlava di valore “umanizzante” del lavoro. Nell’incontro del 28 maggio 2017 con gli operai dell’ILVA a Genova, il Papa ribadiva con forza: “Il lavoro è una priorità umana e quindi una priorità cristiana”.

Le nuove sfide del lavoro si  affrontano a partire dalla netta visione umanistica del lavoro. Non è questione soltanto Carte dei diritti e doveri, ma di una cultura della vita capace di riscoprire l’impegno personale, il senso della fatica, della messa in gioco delle competenze personali, delle attitudine virtuose o soft-skills necessarie per affrontare l’ingresso nella vita attiva.

 

b. Per capire poi effettivamente cosa c’è in gioco sul problema lavoro dei giovani e sulla metodologia dell’Alternanza dobbiamo prendere le mosse dalla condizione giovanile in Italia i cui dati sono impressionanti:

-  dispersione scolastica: certo c’è stata una sensibile diminuzione (nel 2004 eravamo al 22,3%) ma ora ancora al 17,6%, più alta nell’Istruzione Professionale, dove anche la selezione  è otto volte quella dei licei (fonte MIUR).  In Germania siamo invece al 9,7%;

-  disoccupazione giovanile dal 38 % nostrano del agosto 2013, ha raggiunto con le ultime verifiche ISFOL il 40,5% a fine 2017. In Germania siamo al 3%;

-  Neet cioè i giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano né lavorano hanno raggiunto (fonti Istat 2017) quasi il 20% di questa fascia con punte del 30% nel mezzogiorno.

Si diceva nell’ Ufficio scuola Nazionale Cei di ottobre scorso che l’impressione è che il nostro Paese tratti male i suoi giovani: i canali di accesso al lavoro sono pesantemente incerti, formazione al lavoro debole, male organizzata e in forte calo come accade nell’Istruzione Professionale e Tecnica a causa dell’infausta liceizzazione del sistema.

 

c. Il nostro sistema educativo è stato articolato secondo le due gambe della scuola e della Istruzione e Formazione Professionale (IeFP); ma quest’ultima, di competenza delle regioni, è atrofizzata, troppo fragile e limitata di fatto a poche regioni.  In generale la filiera professionalizzante viene vista, dalla scuola, come “avversaria” alla scuola. A questo si aggiunge che i livelli deboli del nostro sistema di formazione al lavoro sono:  quello iniziale dei 15enni (il nostro apprendistato iniziale non funziona) e quelli specialistico dei 19enni (non abbiamo in Italia, se non limitato a pochi corsi, un vero sistema di specializzazione tecnico-professionale di alto livello).

Andando in Germania, che è il top del settore, ma non solo, come preside nei mie rapporti in Europa ho vissuto spesso il paragone con i paesi europei come mortificante.

Questa crisi del sistema di formazione al lavoro (e della formazione in generale) non costituisce solo un problema per l'economia del Paese, ma soprattutto di tenuta del nostro sistema sociale e quindi della democrazia conquistata con enormi sacrifici dai nostri padri. I rischi della situazione politica attuale ne sono un segno preoccupate.

Per questo ritengo -  e desidero sviluppare questa tesi -  che l’introduzione obbligatoria nella scuola secondaria superiore dell’ASL, al di là della modalità con la quale è avvenuta, è una grande occasione per il sistema, ma soprattutto per i nostri giovani, perché se vogliamo valutarla attentamente, la dobbiamo valutare solo in funzione loro. Vorrei cercare di mostrare quindi che si tratta di una grande questione culturale.

 

 

2.  La mia attività in ASL a scuola e con l’Unesu

 

Vorrei riferirmi brevemente a due esperienze vissute, nella scuola e nella recente attenzione all’azione delle diocesi.

 

a.  A scuola ho iniziato l’ASL al Liceo nel 1997, per poi svilupparla in forma ampia e sistematica nell’Istruzione Professionale in Brianza, scuola che ho amato sopra ogni altra.

Negli ultimi anni abbiamo seguito le attività di ASL per una media di 300 alunni del triennio, dopo aver costruito una relazione con un centinaio di imprese, uffici, enti pubblici e privati del territorio, coinvolgendo l’aiuto di Università, Camera di Commercio, Associazioni di imprese.

Un grande aiuto nella progettazione sono stati i progetti Erasmus attivati per anni a livello europeo, mettendoci in relazione con scuole e associazioni di diversi paesi.

Riassumo brevemente gli esiti che mi è sembrato di verificare:

- l’esperienza vissuta dagli studenti, pur limitata nel tempo, è stata per loro una occasione non solo per verificare  e approfondire conoscenze, ma anche per ritrovare motivazioni allo studio perse o in crisi;

-  quelle esperienze sono state per gli studenti momenti di verifica del proprio orientamento professionale, di lavoro e di formazione universitaria; questo valore orientativo funziona se si riesce a coinvolgere nella progettazione ed attuazione il mondo reale delle imprese, delle professioni, dei servizi (anche d'istruzione, di ricerca, del territorio e culturali) e delle tecnologie avanzate;

- l’ASL è innanzitutto una innovazione didattica, una nuova metodologia che interpella e mette in discussione innanzitutto la didattica tradizionale, quella della lezione dalla cattedra, per avviare una didattica attiva;

- la riuscita avveniva laddove insegnamento e attività di lavoro collaboravano per far vivere ai giovani esperienze attive, dove gli studenti potessero essere protagonisti della costruzione di un progetto legato a situazioni reali;

- la programmazione didattica del Consiglio di classe funzionava se si sentiva tutto (o quasi…) coinvolto, così che poteva pur lentamente mutare per trovare legami con esperienze reali;

- il Comitato Scientifico Tecnico previsto dalle norme poteva essere utile strumento  di legami con gli interlocutori esterni, con i quali anche riprogettare anche il curricolo scolastico;

- le reti di scuole, il confronto, specie col contesto internazionale, sono fonte di idee, nuove soluzioni, migliore comprensione dei problemi.

 

b.  La ricerca fatta con per l’Ufficio Scuola Nazionale della Cei. Sono convinto che anche le parrocchie (non solo le scuole) hanno bisogno di mettersi in discussione di fronte all’avvio dell’ASL e molte lo hanno fatto:  la dignità del lavoro, specie manuale, dovrebbe far parte della formazione cristiana, fin dalla catechesi dei bambini, perché possano coglierne il valore umanizzante e la bellezza.

L’ASL in questo è una opportunità per le nostre comunità ecclesiali. Abbiamo appena concluso una ricerca che ha dato luogo ad un opuscolo digitale (www.chiesacattolica/unesu.it) e che ha coinvolto le diocesi italiane. Ho potuto verificare una grande adesione: solo in 6 regioni su 20 non risultano intese o protocolli di collaborazione tra Diocesi e Uffici Scolastici Regionali.

Il modo in cui la Chiesa si mette a disposizione della scuola, però, deve conservare l’originalità ecclesiale e non sostituire ciò che compete alla scuola, ma resta  un’occasione preziosa di collaborazione con l’azione delle scuole, statali o paritarie.

Provo anche qui a riassumere molto brevemente quello che mi sembra di aver capito da questa pubblicazione curata per l’Ufficio scuola nazionale della Cei: 

-  molte diocesi fin dall’avvio della riforma nel 2015 hanno intuito il valore e l’opportunità in gioco con l’ASL e si sono attivate stimolando le parrocchie e valorizzando il patrimonio educativo, culturale, sociale e assistenziale delle proprie opere;

-  la proposta di queste collaborazioni è stata molto gradita dalle scuole laddove la proposta era seria, senza doppi fini (in qualche caso ci si è limitati alla ricerca di volontari mancanti per gli oratori feriali…) de è stata attuata con una reciproca collaborazione;

-  il patrimonio formativo che la Chiesa italiana può offrire per la formazione dei giovani è ampio, ma ha anche bisogno di crescere nella propria consapevolezza di valore culturale e comunicativo.

Spero che questo lavoro sia utile per ampliare all’interno della Chiesa italiana un maggiore coinvolgimento delle parrocchie e delle associazioni come soggetti ospitanti per percorsi di ASL e per diffondere, sempre nelle parrocchie, centri di servizio per accompagnare i giovani alla ricerca del lavoro e per proporre loro percorsi di formazione professionale di qualità.

Si tratta di una grande occasione formativa non solo per la messa a disposizione di ambiti di lavoro, ma anche per l’occasione che in questi i giovani possa incontrare testimonianze umane di impegno, di valori e motivazioni ideali, così vitali per l’esperienza educativa.

 

 

3. Un bilancio:  elementi problematici, come affrontarli

 

Come accennato, nonostante tante esperienze positive ed interessanti nel Paese, di solito frutto dell’iniziativa, creatività e dedizioni di presidi, insegnanti e operatori anche ecclesiali, il nostro sistema formativo e di inserimento al lavoro è ancora molto in difficoltà. Ma soprattutto perchè non è un sistema, ma spezzoni isolati, non coerenti tra loro e spesso inefficaci. Su questo c’è stato anche un interessante approfondimento alla Settimana Sociale di quest’anno in Sardegna. Provo a individuare alcuni nodi problematici, indicando quelle che mi paiono proposte per vie d’uscita. 

 

a. L’ASL introdotta nel 2015 a regime riguarderà circa 1,5 milioni di studenti ogni anno. Una rivoluzione didattica, organizzativa, culturale che, proprio per questo, non può e non deve limitarsi a un’incombenza di specialisti: tutta la comunità scolastica e tutto il Consiglio di classe deve essere impegnato nel dialogare con l’esperienza, traendo dall’incontro con le realtà esterne stimoli per il miglioramento dell’attività scolastica, e viceversa.

 

b. Le norma e farraginosa, incoerente e lacunosa, sia in materia scolastica che  del lavoro, creando un raccordo coerente che attualmente non esiste. Provo a indicare alcune vie d’uscita:

1- Occorre un sistema duale (come anche la Spagna ha recentemente varato) dove l’istruzione e formazione professionale sia fatta alternativamente a scuola e in azienda, con una progressione che, a partire dai 15enni, arrivi, al terzo anno di formazione, ad almeno quattro giorni la settimana in azienda.

2- Urge una riforma dei nostri Uffici del Lavoro sul modello delle Camere del Lavoro tedesche, che, oltre alle competenze sul lavoro e le professioni, obblighi a sinergie sul territorio tra aziende, scuole ed enti locali sull’orientamento scolastico alle scelte prima e dopo la scuola secondaria.

3-  Serve una modifica radicale del regime di apprendistato formativo, in periodo di obbligo scolastico, appunto attraverso il sistema duale, dove i rappresentanti del sistema produttivo siano resi corresponsabili del percorso e dei contenuti formativi così che questi abbiano relazione con le competenze lavorative.

4-  E’ indispensabile un sistema di incentivi alle aziende in forma o di detrazione fiscale (Francia) per chi ospita giovani in tirocinio, o attraverso un contratto di apprendistato (Germania, Svizzera) che, a fronte di un salario minimo, permetta alle aziende l’impiego degli apprendisti in alcune mansioni compatibili.

 

c.  Nonostante i servizi de IlSole24Ore, c’è i Italia ancora una lontananza culturale dell’impresa dalla formazione, una debolezza verso il ruolo sociale che l’impresa deve assumere. Risulta difficile infatti assistere in Italia ad una Fiat o Unicredit che investe nella formazione gli 8,5 milioni di euro che la KSB (pompe idrauliche a Frankenthal - Eurostat) ha investito in un anno nel proprio Land in Germania. La legislazione, infatti, non è capace di spingere le imprese a farsi carico della formazione dei giovani, come avviene in alcuni paesi europei. Circa l’ASL si fa notare che alle scuole paritarie solo recentemente sono stati attribuiti fondi destinati a tale scopo.

 

d.  Occorre poi investire sulla formazione professionale laddove si apprende nel lavoro e attraverso il lavoro, quella nella quale la tradizione cattolica ha grande storia da precursori.  Dall’istruzione e formazione professionale (IeFP) alla formazione continua per l’aggiornamento e la riqualificazione degli adulti, alcune regioni italiane rappresentano esempi da rafforzare e seguire, in ragione dei successi che i loro sistemi formativi raggiungono in termini di lotta alla dispersione scolastica e inserimento lavorativo dei giovani. Occorre sostenere e rafforzare l’impegno delle Regioni più virtuose che, attraverso la formazione professionale, hanno fatto crescere l’occupazione giovanile.

 

e.   Nella scuola la vera sfida resta (come ci insega Dario Nicoli)  la didattica per competenze e la didattica laboratoriale. L’ASL, assieme ad altre metodologie, rappresenta un’occasione indispensabile per realizzare nella scuola una didattica attiva, centrata sui compiti, che mobilita le risorse degli studenti, mettendoli in grado di conquistare un sapere personale.

 

f.  Infine noi stessi presidi e insegnanti abbiamo bisogno di conoscere un mondo che non conosciamo: per questo è utile che scuole singole e in rete promuovano stage di docenti in azienda e il Miur sostenga piani straordinari di formazione di insegnanti in percorsi di ASL.

 

 

4. Una grande occasione formativa per la scuola

 

Abbiamo ricordato con Papa Francesco che “il lavoro è una priorità umana e quindi una priorità cristiana”. Proviamo quindi a vedere ora in breve la funzione educativa dell’ASL e la problematica culturale in esso implicata.

 

a.   Al di là delle modifiche istituzionali cui ho accennato, è necessaria la consapevolezza che queste non basteranno  per mutare in breve una pratica che ha le proprie radici in una radicata mentalità che riguarda la visione del lavoro radicata nei vari mondi sociali (università, cultura, media, imprese, famiglie).

Si tratta di una visione derivante dall’impostazione idealistica della cultura umanistica, che nei decenni  ha visto nel lavoro, specie manuale, non la più altra forma di umanizzazione (Giovanni Paolo II all’Unesco, 1980) ma una “riduzione” umana, quando non una “alienazione” o una condizione solo di “sfruttamento”. In questo modo la cultura si identifica solo con la teoria, quindi con i libri.

Purtroppo al predominio dell’idealismo hanno fattivamente collaborato, in ambito universitario, saggistico e massmediatico sia un immaturo liberalismo nostrano, che un  marxismo antiumanistico.

L’ultimo pensiero che questa cultura permetteva e permette di concepire e praticare è che il lavoro, e specie il lavoro manuale, sia possa essere occasione di umanesimo, nel solco, tra l’altro, della vera tradizione umanistica italiana: Leonardo da Vinci non si occupava solo di libri.

La pratica delle scuole medie (e delle famiglie) di vedere i Corsi e gli Istituti Professionali come il rifugio di “non vuole studiare” (con la conseguente autocoscienza di questi di essere tale luogo) non è che l’ultimo terminale di quella visione. Così come le tristi manifestazioni di movimenti contro l’ASL nelle scuole ritenendola “sfruttamento di manodopera” o pretendendone un compenso economico. In questo caso è evidente la deformazione ideologica, che però non fa che confermare come solo il salario giustifichi il lavoro.

 

b.  Il segno culturalmente più complesso di quella visione è l’assenza, dalla legislazione scolastica, ma soprattutto dalla pratica didattica, della categoria dell’”esperienza” e quindi della fiducia nella “laboratorialità”, nel “fare” come metodo e forma dell’imparare. A cominciare dalla nascita della scuola media unica tutto è stato progressivamente ridotto a teoria: lingua straniera, musica, tecnica, scienze, arte; e quindi di fatto emarginato dall’esperienza educativa.  Dal 1992 si è poi iniziato lo smantellamento degli Istituti Professionali con la progressiva riduzione dei laboratori. I recenti riordini dei cicli (prima Gelmini poi Buona scuola)  hanno praticamente eliminato i laboratori dagli Istituti Tecnici e li hanno ancora ridotti nei Professionali a meno di un sesto dell’orario, riducendo e complicando anche le compresenze. 

Si è copiato il mondo universitario, dove non si impara mai “facendo” (insegnando, andando in azienda, praticando la professione) ma solo studiando sui libri.

La conseguenza più evidente di questa visione specie nelle terze medie e nel biennio delle superiori, sono stati l’abbandono, la dispersione, la demotivazione, la disciplina, che hanno avuto un crescendo continuo di problematicità, fino ai livelli di allarme attuale.

Se l’aspetto istituzionale del problema (nuove norme) interpella la politica;  se la questione didattica riguarda il lavoro di ricerca  e di tentativi quotidiani di chi ama la scuola (bisognerà pur decidere cosa è indispensabile ai vari percorsi di formazione); l’aspetto culturale ed ultimamente educativo del rapporto tra scuola e lavoro, ci coinvolge tutti, nessuno escluso, nel ricostituire il legame tra le parole e la realtà dei giovani e della scuola.

 

c.  Concludendo è necessario quindi nel nostro Paese, rovesciare la scarsa reputazione culturale di cui gode la formazione al lavoro, a causa dell’impostazione idealistica della scuola che ha eliminato il lavoro dal processo educativo. Il lavoro invece è una grande realtà positiva da far incontrare ai nostri ragazzi.

Occorre comprendere assieme come le sfide che coinvolgono la scuola dal mondo esterno chiedono innanzitutto di cambiare il lavoro a scuola, le pratiche in aula, per fare della teoria e dei suoi importanti strumenti un aiuto a comprendere e indirizzare la pratica della vita attiva.

Ma questo può avvenire, nel lavoro della comunità professionale della scuola, solo se le persone sono disponibili a lasciarsi colpire dalla domanda umana degli adolescenti e dei giovani, lasciarsi provocare dalle occasioni nelle quali ci si possa mettere in ricerca di esperienze e occasioni nuove, visto che la scuola riuscirà a far fronte alle sfide se riuscirà a diventare anche ambito di ricerca didattica.

La vera sfida da affrontare nella comunità scolastica, alla fine, è nel clima della comunità stessa:  la personalizzazione praticata come attenzione e accoglienza; il coinvolgimento personale di chi insegna; insegnamenti e attività legate all'esperienza reale; ASL  e attività integrative concepiti come funzionali al percorso educativo e formativo;  un orientamento scolastico fatto di esperienza e incontri; una forte alleanza con le  famiglie e con il sistema imprenditoriale locale.

Per questo vi prego di operare in questo senso: così facendo troverete ragazzi rimotivati alla scuola, ri-appassionati anche allo studio, ragazzi che potrete scoprire secondo visuali nuove anche per i racconti dai lor luoghi di lavoro.

 

 

 
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