Il Ddl di riforma della Buona Scuola amplia notevolmente i poteri del dirigente scolastico. Renzi ne ha parlato come di un "sindaco" e di un "allenatore", riferendosi alla funzione di leadership che il preside avrebbe nei confronti dei docenti e della scuola da guidare. Per capire meglio la portata di questa svolta, ne abbiamo parlato con
Delfino, che idea di dirigente scolastico emerge dal Ddl?
La preoccupazione del Governo, in questo momento di rinnovamento, sembra essere quella di garantire il ruolo del preside come motore dell'autonomia dell'istituzione scolastica e responsabile di un pieno funzionamento delle scuole. Anche se dal testo proposto, accanto ad alcune novità importanti, non sono chiaramente definite le procedure, le responsabilità e a chi egli deve render conto nello svolgimento dei nuovi compiti.
Ci spieghi perché sottolinea su questo aspetto.
Dirigere una scuola chiede che colui che "presiede" sia il primo a lasciarsi interrogare incessantemente dalla realtà cui l'educazione è chiamata a dar forma, bambino, adolescente o giovane che sia. Il dirigente scolastico che lavora per il bene della scuola vive più di tutti la responsabilità che ha verso l'altro, è colui che è maggiormente impegnato ad usare gli strumenti della professione — la normativa, le procedure, le discipline, l'organizzazione, le competenze didattiche — per favorire l'accadere di apprendimenti significativi, a dedicarsi alla scoperta di cosa vuol dire formare.
Quindi?
Occorre che il legislatore garantisca l'esercizio di una professione direttiva attenta alla totalità dei fattori della vita di una scuola e mirata a favorire le condizioni che permettano l'attuarsi di esperienze educative da parte di docenti, genitori e studenti. Un responsabile di una efficace e snella direzione radicato nella funzione culturale ed educativa della scuola chiamato a render conto.
Condivide, quindi, l'immagine usata da Renzi in conferenza stampa che paragona il preside ad un sindaco?
E' un'immagine che non condivido perché, a differenza del primo cittadino che è chiamato al governo di una comunità sulla base di un mandato politico, al preside è chiesto per mandato di collaborare, con gli strumenti normativi, organizzativi e della didattica, all'azione formativa di ciascun docente. Deve farsi interprete delle istanze dei genitori, del territorio, dei soggetti culturali a cui la scuola fa riferimento. E poi agisce in forza di un mandato che gli deriva sia dalle direttive del ministero che dalle decisioni di organi collegiali con i quali è tenuto a collaborare. E questa è una specificità che non ha paragoni.
L'altra immagine usata da Renzi è quella del preside come allenatore di una squadra.
In parte è vero: certamente il preside è chiamato a mettere insieme persone, valorizzandone caratteristiche, attitudini, competenze, sensibilità per il raggiungimento di uno scopo (goal, appunto). Ma il suo è un ruolo più decisivo, è culturale.
Quali aspetti la convincono del ruolo che il ddl sulla scuola affida ai dirigenti scolastici?
Emerge l'immagine di un dirigente a servizio della comunità scolastica, riconsiderato quale figura decisiva chiamata a "presidiare", insieme a docenti, famiglie, operatori, spazi di libertà di insegnamento, di progettualità , di proposta formativa. Infatti, in modo coerente, assume degli insegnanti funzionali all'offerta formativa della scuola, attraverso una chiamata — dice il ddl — da albi territoriali di docenti.
E gli aspetti che invece non la soddisfano?
Il dibattito parlamentare dovrà definire con maggior precisione gli spazi di responsabilità della nuova dirigenza, il modello di governance in cui si colloca la sua responsabilità , il suo profilo professionale e i passaggi con cui governare le nuove attribuzioni che il ddl introduce. Accanto a ciò, definire un trasferimento ad altri soggetti istituzionali di alcune incombenze burocratico-amministrative che oggi ne appesantiscono ed alterano il ruolo.
Secondo lei sarà necessario riscrivere un nuovo profilo del dirigente scolastico?
E' urgente che accanto all'approvazione della legge di riforma della scuola si metta mano alla scrittura di un "nuovo stato giuridico della dirigenza scolastica", che rivisiti e riscriva il profilo professionale definito nel decreto legislativo 165/2001, dopo che in 14 anni alcuni nodi sono venuti al pettine. In realtà , ci vorrebbe dell'altro.
Dica.
Alla luce anche delle nuove responsabilità che il ddl attribuisce al preside, bisognerebbe reintrodurre nel ddl sulla riforma della Pa (il cosiddetto ddl Madia anch'esso di prossima discussione in Parlamento, ndr) il dirigente scolastico della scuola statale nei ruoli della dirigenza pubblica, riconoscendone così la funzionalità all'interno della amministrazione pubblica ed una giusta retribuzione.