Valutazione docenti: TreLLLe con buone ragioni per farla presto


"Le buone ragioni per valutare gli insegnanti"

TreElle  -  27 dicembre 2014

E’ vero che tutti gli insegnanti fanno lo stesso lavoro, non è vero che tutti lo facciano allo stesso modo e con gli stessi risultati. Molti fanno bene: ancor più numerosi sono quelli che possono fare meglio.

“È curioso che, mentre si moltiplicano le ricerche che dimostrano come la qualità degli insegnanti sia la singola variabile maggiormente correlata con il successo formativo degli studenti, si  registrino  tuttora nel nostro paese resistenze a valutare questo aspetto”.

A sostenerlo è l’associazione Treelle, all’interno della Memoria su le “Buone ragioni per valutare i singoli insegnanti”, una sorta di memorandum per incitare il Governo ad insistere sulla proposta contenuta “saggiamente” nelle linee guida della “Buona Scuola”.

L’associazione nazionale chiede a chi decide le sorti dell’Istruzione italiana, in sintesi, di “non limitarsi a valutare, come alcuni sostengono, solo le scuole e i loro dirigenti o i team di insegnanti”.

Perché “si valutano gli apprendimenti, cioè il risultato, si parla di valutare le scuole nel loro complesso ed i loro dirigenti, ma si esita di fronte a quello che appare essere il vero snodo cruciale per incidere sul miglioramento dell’istruzione: la qualità professionale dei singoli insegnanti”.

Per Treelle, “in sintesi, quel che è realmente essenziale è che si superi finalmente il tabù della fittizia uniformità professionale. È vero che tutti gli insegnanti fanno lo stesso lavoro: non è vero (e non è giusto né intellettualmente onesto far finta che lo sia) che tutti lo facciano allo stesso modo e con gli stessi risultati. Molti fanno bene: ancor più numerosi sono quelli che possono fare meglio”.

Tra i punti affrontati nel documento, vi è anche quello sulla “Buona  Scuola” che “prevede  di  utilizzare  tutte  le  risorse degli scatti  di anzianità  (uguali  per  tutti) per  attribuirle a “scatti  di competenza” da riconoscere  solo  al  66%  degli  insegnanti. Treelle “condivide questa idea perché”, prima di tutto, “è un’altra misura per superare l’iniquo egualitarismo  di  trattamento  di  tutti  gli  insegnanti”.

 

TreLLLe  -  Gennaio 2014

Il progetto "La Buona Scuola " indica  come valutare il merito: ma  c’è chi resiste all’innovazione

Il ministro Giannini ha da poco dato notizia che oltre l’80% di coloro che hanno partecipato alla grande consultazione su "La Buona Scuola” (BS) si è espresso per il riconoscimento del merito; ma al contempo costoro hanno chiesto che in ogni scuola  si crei un’ offerta di formazione permanente per migliorare la professionalità di tutti gli insegnanti.

Tuttavia per  Treellle (e per l'OCSE) è necessario  realizzare un terzo punto che è previsto ma non enfatizzato dal documento governativo. Infatti, se le scuole non sono aziende, sono  comunque "imprese sociali" di elevata complessità che richiedono una  “leadership distribuita", comprendente il preside e un limitato numero di docenti di sua fiducia (“quadri intermedi”) impegnati nell'organizzazione dei  servizi. 

Su questi temi il progetto BS è innovativo: esso riconosce infatti ad ogni scuola, tenendo conto del suo contesto sociale, l’autonomia per decidere sia chi siano i docenti meritevoli sia quelli cui attribuire particolari funzioni. Tutte queste valutazioni e scelte vengono infatti affidate ad un Nucleo di valutazione  della singola scuola del quale dovrebbero far parte il preside e due docenti (per TreeLLLe , specie in prima applicazione, potrebbero essere eletti dal collegio dei docenti), più una figura esterna di garanzia. Il Nucleo (rinnovabile ogni tre anni) opererebbe su tre versanti: attribuirebbe ogni tre anni al 66% dei docenti un riconoscimento economico permanente distribuendo solo fra costoro l’importo complessivo degli attuali scatti di anzianità  che al momento sono uguali per tutti; individuerebbe, fra gli insegnanti i più apprezzati per le loro capacità didattiche e formative, i “mentori” incaricati di realizzare la formazione permanente (fino al 10% massimo); farebbe emergere i quadri intermedi (dal 5 al 15%, a seconda della complessità della scuola) che si farebbero carico di realizzare, insieme al preside, una “leadership distribuita”. Mentori e quadri intermedi avrebbero incarichi (e una significativa retribuzione aggiuntiva) temporanei e rinnovabili previa valutazione del lavoro svolto.

I vantaggi sono evidenti: se ci si accorgesse che il Nucleo ha sbagliato nella scelta, si potrebbe sempre tornare indietro in occasione della tornata successiva. Inoltre, tutti gli altri colleghi sarebbero sempre in tensione positiva, visto che le opportunità di incarichi  di prestigio e retribuiti si rinnoveranno periodicamente.

Il modello  previsto  da  BS realizza per la prima volta tre caratteristiche finora ignorate nel nostro sistema e che sono risultate vincenti in altri paesi: un concreto riconoscimento dei meriti professionali, un effettivo spazio per l’autonomia delle scuole e un decisivo apprezzamento alla flessibilità organizzativa.

In prospettiva, TreeLLLe indica un ulteriore sviluppo positivo: l’accesso alla funzione di preside dovrebbe essere riservato  solo a chi ha svolto positivamente ruoli di mentore o di quadro intermedio: un modo per verificare preventivamente i requisiti attitudinali  ( del tutto ignorati dal reclutamento  attuale) che sono essenziali per dirigenti che di fatto occuperanno per tutta la vita, nel bene o nel male, quella posizione.  

Tutto ciò richiede che un po' di risorse siano finalmente dedicate al personale meritevole  così da migliorare la "qualità dell’insegnamento " nell' interesse degli studenti piuttosto che, come  ė finora avvenuto, per creare nuovi posti di lavoro.

Ma i soliti nemici della autonomia non si danno ancora per vinti: giungono notizie di spinte per spostare la valutazione del merito – qualora non si riuscisse a cancellarla – al di fuori delle scuole, tramite concorsi nazionali o territoriali. Con l’appendice di nominare a vita mentori e quadri secondo un modello di carriera rigido e immodificabile nel tempo. 

L' esperienza dovrebbe  aver  ben dimostrato che i concorsi sono costosi, lenti ed inefficaci, esposti a raffiche di contenzioso e comunque affidati a commissioni che non hanno conoscenza diretta della singola scuola, né un diretto interesse a scegliere i più idonei. Il principio di operare nomine a vita, poi, costituisce un doppio errore: toglie a tutti i  non prescelti la tensione positiva a migliorare  e preclude segnatamente ai più giovani la possibilità di concorrere a posizioni superiori, occupate a vita da chi vi è approdato per primo.

Una tale decisione, ove mai dovesse essere assunta, non terrebbe conto del fatto che non solo le persone cambiano nel tempo, ma  che anche la scuola cresce e modifica i propri bisogni e non può essere trattata come un esercito da irreggimentare. Ancora, tenuto conto della elevata mobilità esistente, succederebbe  poi che queste figure rigide,  migrando da una scuola a un’altra, determinerebbero  soprannumeri e/ o carenze nei vari profili necessari.

 

 

 

 

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