Indicazioni Nazionali Infanzia e I Ciclo: proposte DiSAL alla consultazione


 Dirigenti Scuole Autonome e Libere

 Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie  - Ente qualificato dal MIUR alla formazione

 

 

Osservazioni e proposte per la revisione delle Indicazioni Nazionali della Scuola dell’Infanzia e del I Ciclo

Giugno 2012

 

 

Seguendo la scansione del Questionario al quale le scuole sono chiamate a rispondere in merito alla revisione delle Indicazioni Nazionali della Scuola dell’Infanzia e del I Ciclo, presentiamo valutazioni, riflessioni critiche e proposte dall’Associazione. All’interno di ogni paragrafo indicato dal Questionario abbiamo lasciato, delle tre risposte indicate, quella che meglio corrisponde alle valutazioni indicate. Dove questo non era possibile, appare solo il titolo del paragrafo.

 

 

ASPETTI GENERALI

 

2. Struttura del documento

Appare chiaro e leggibile.

 

Ci sembra positiva la snellezza della Bozza, soprattutto per ciò che riguarda i contenuti, favorendo in tal modo una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli inseganti e dei dirigenti.

 

3. Profilo dell’allievo e finalità 

Nella bozza revisionata appare un nuovo paragrafo iniziale che delinea un profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione

Condividiamo la scelta perché consolida la responsabilità comune dei docenti che operano nella scuola dai 3 ai 14 anni.

 

A.  Le Indicazioni del 2004 si concludevano con un corposo “Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (6-14 anni)” (PECUP).

Il testo era di forte spessore educativo e culturale; si soffermava sulle “competenze” che il preadolescente avrebbe dovuto possedere nel “sapere” e nel “fare” per “essere” l’uomo e il cittadino atteso al termine del primo ciclo di istruzione.

Le Indicazioni 2012, rimediando ad una dimenticanza nel testo del 2007, utilmente propongono (pagg. 8-10) il “Profilo dello studente al termine del primo ciclo d’istruzione” anche se il Profilo vero e proprio si riduce alle poche righe del riquadro conclusivo, sommariamente descrittive delle competenze comportamentali e cognitive dello studente.

B.  Il nuovo testo sorvola però sulle competenze educative  ed anche il riferimento alle “situazioni tipiche della propria età” appare tautologico, mancando la descrizione dei parametri attesi di consapevolezza, autonomia, relazione, progettualità di vita.

Curiosamente queste si ritrovano in parte laddove, descrivendo i “Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria” per Italiano (pag. 27), è stato inserito l’obiettivo educativo di “rispettare il turno” quando si partecipa a scambi comunicativi con compagni ed insegnanti; allo stesso modo, al termine della scuola secondaria di primo grado, sono richieste “modalità dialogiche sempre rispettose delle idee degli altri” (pag. 29): comportamenti che meglio sarebbero stati esplicitati nel Profilo.

In verità, la parte maggiore del Profilo dello studente 2012 è dedicata alla trascrizione del Profilo delle competenze del cittadino europeo (in effetti anche queste due pagine potrebbero trovare collocazione altrove, ad esempio nella Premessa).

C.  Introducendo poi il vero e proprio Profilo dello studente, chiarisce che nel sistema scolastico italiano “la generalizzazione degli istituti comprensivi crea le condizioni perché si affermi una scuola unitaria di base”.

Queso ci sembra trasformi la forma dell’Istituto Comprensivo da strumento organizzativo della scuola di base in modello formativo-didattico, trasformazione che ci pare forzosa sia rispetto le notevoli diversità locali, sia rispetto alle scelte che competono all’autonomia scolastica ed alla programmazione regionale dell’Offerta formativa, come anche recenti Sentenze hanno riproposto.

Vale comuque la pena di precisare che la forma dell’istituto comprensivo, proprio perché strumento organizzativo, non produce automaticamente uno sviluppo unitario e coordinato dell’insegnamento – apprendimento. Una “visione” di scuola unitaria di base richiede tempo e fatica per poter essere avviata. A parere di DiSAL occorre quindi lasciare questo tipo di scelte ai contesti locali..

D.  Il Profilo si apre subito con un’espressione piuttosto equivoca: «La scuola pubblica italiana svolge due funzioni insostituibili …».

La scuola è per sua natura un’istituzione pubblica e l’uso di questo aggettivo non può non apparire come frutto di un’impostazione dubbiamente leggibile come volontà accentratrice, con una vanatura polemica che sarebbe meglio evitare. Sarebbe quindi meglio dire che «la scuola italiana svolge due funzioni pubbliche insostituibili …».

Il terzo capoverso del primo paragrafo contiene poi un’affermazione forse poco meditata quando dice che «il sistema scolastico è fondato sulla libertà d’insegnamento e sull’autonomia funzionale di ogni istituzione scolastica». Sembra che qui si sia operata un’indebita inversione di fini e mezzi, dato che la fondazione può avvenire solo su finalità istituzionali, mentre la libertà di insegnamento e l’autonomia delle scuole sono mezzi per un migliore funzionamento del servizio di istruzione.

Il primo paragrafo si conclude infine con alcune imprecisioni che sarebbe il caso di eliminare. In primo luogo si dichiara di voler fissare obiettivi generali e specifici di apprendimento insieme ai «traguardi di competenze», che costituiscono forse una forma contratta di quelli che successivamente sono denominati sistematicamente «traguardi per lo sviluppo delle competenze»; sarebbe perciò il caso di utilizzare ovunque la dizione più completa e corretta.

A proposito dell’insegnamento della religione cattolica si cade in un errore normativo in quanto, riproducendo la formula utilizzata nel 2007 (quando era giustificata), si dichiara che traguardi e obiettivi «saranno definiti d’intesa con l’autorità ecclesiastica, come da disposizione concordataria». In realtà, proprio in attuazione di quella formula, traguardi e obiettivi per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione sono stati da tempo definiti con un’intesa tra autorità scolastica ed ecclesiastica, recepita nell’ordinamento civile con il Dpr 11-2-2010. Si dovrebbe pertanto fare riferimento a questa norma, che ha modificato le indicazioni didattiche disciplinari già da due anni.

Infine, al fine di evitare una gerarchizzazione delle discipline scolastiche, quanto riportato alla fine del Profilo dello studente in forma riassuntiva di elenco delle competenze. Segue poi un elenco di competenze prevalentemente disciplinari.  Rimangono fuori da questa rassegna i contributi che possono offrire la musica, l’arte, le scienze motorie e, per chi se ne avvale, l’insegnamento della religione cattolica, se ne deve dedurre una implicita ma discutibile.

 

(per alcune di queste e delle seguenti riflessioni condividiamo e siamo debitori alle proposte dal documento delle Associazioni professionali, tra le quali DiSAL,  radunate nell’Ufficio Scuola Nazionale della CEI)

 

4. Organizzazione del curricolo

Ristrutturato per evidenziarte meglio gli spazi di autonomia delle scuole

Apprezziamo il paragrafo perché chiarisce il rapporto tra autonomia della scuola e riferimenti programmatici nazionali.

 

A.  Se è importante la definizione, presente per la prima volta in un testo programmatico, delle scuole autonome come “comunità professionali” con una precisa caratterizzazione degli insegnanti per la loro attività di studio e ricerca, si rischia la pura “petizione di principio” se questa non verrà supportata con adeguati interventi normativi, contrattuali e di formazione nazionale, tutt’ora assenti. Lo è altresì per il dirigente scolastico, perché ne favorisce le attività di coordinamento e valorizzazione delle risorse umane. In buona sostanza, nel testo della Bozza si riconosce al dirigente scolastico l’esercizio della leadership educativa ed organizzativa, sempre però che si trovino reali spazi operativi  all’interno dell’assetto normativo attuale caratterizzato da una forte involuzione in senso burocratico dell’autonomia funzionale scolastica.

B.  L’idea di comunità professionale è quindi in sé apprezzabile, ma qui viene per molti aspetti a sostituire quella di comunità educativa, in cui per esempio dovrebbero occupare uno spazio rilevante anche i genitori che, nonostante il loro ruolo decisivo soprattutto in questa fascia di età scolare, rimangono ai margini di tutto il documento. Suona perciò poco credibile la conclusione del capitolo, secondo la quale «solo nella scuola intesa come comunità professionale ed educativa i discorsi sulla centralità della persona trovano il loro pieno significato»: se la centralità della persona è subordinata alla comunità professionale, ancora una volta i fini sono invertiti con i mezzi.

C.   Rispetto al testo del 2007 si notano una maggiore attenzione alla valenza formativa delle discipline ed una maggiore accuratezza nella presentazione degli obiettivi di apprendimento.

Le Indicazioni del 2004 affermarono con forza la secondarietà della secondaria di 1°grado, parlando con enfasi del “valore simbolico di rottura”  del passaggio.

Il testo del 2012 si colloca, per quanto debolmente, in una posizione intermedia: ripristina la declinazione delle singole discipline, abbandonando quindi la forzatura del loro accorpamento in Aree;  chiede che il curricolo sia impostato secondo i caratteri dell’unitarietà e della continuità.

Per questa ragione il percorso curriculare deve essere “elaborato unitariamente”: il suo luogo naturale è l’istituto comprensivo, la cui generalizzazione (par. 16.1.4) crea le condizioni perché sia progettato “un curricolo verticale attento alla continuità del percorso educativo e al raccordo con la scuola secondaria di secondo grado”.

 

 

5. Valutazione e certificazione

Tra gli elementi in evidenza vi sono la valutazione e la certificazione delle competenze

I paragrafi sono apprezzabili ma dovrebbero inserire alcuni chiarimenti, fatta salva l’autonomia delle scuola.

 

A.  Si può valutare positivamente la comparsa nella bozza delle Indicazioni delle “competenze-chiave” definite dal Parlamento europeo nel dicembre 2006, elemento dimenticato nel testo delle Indicazioni del 2007.
Nella bozza viene mantenuta la dicitura “traguardi per lo sviluppo delle competenze” che “riconferma il carattere dinamico e aperto dei processi di apprendimento che si deve salvaguardare nella scuola di base”.

Il problema che si apre riguarda il rapporto tra i “traguardi” e la certificazione delle competenze. Se le Indicazioni vengono assunte come punto di riferimento, non dettàmi, allora è possibile che una scuola delle competenze diventi mentalità interiorizzata, consapevole e stimolante di concrete avventure ragionevoli e ragionate.

B.  Nel merito delle competenze chiave indicate occorre poi rilevare che esse costituiscono una serie di strumenti cognitivi, operativi e relazionali che non possono esaurire l’intero spettro della vita personale di un alunno durante la sua crescita. Sono competenze necessarie ma non sufficienti. Sono espressione di una concezione dell’alunno e della sua persona funzionale al sistema produttivo e non finalizzate alla sua crescita libera ed integrale. Rimane esclusa tutta l’area della gratuità, del senso, dei valori e della spiritualità, che pure costituisce una essenziale componente della persona.

C.  Infine vista l’adesione alla Raccomandazione europea sulle competenze chiave, si potrebbe aggiungere quanto meno la definizione di competenza contenuta negli allegati alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23-4-2008 sulla costituzione dell’EQF; e sarebbe il caso di aggiungere anche le definizioni di conoscenze e abilità, che ugualmente vengono più avanti utilizzate nella nuova bozza di Indicazioni. In ogni caso, sarebbe da chiarire in maniera esplicita la distinzione e la relazione esistente tra le competenze chiave e le competenze più specifiche che poi sono individuate per ciascuna disciplina.

D.   Ci pare interessante il legame delineato tra prove INVALSI e traguardi previsti dalle Indicazioni, rimanendo però necessario chiarire ed approfondire maggiormente questo aspetto in termini di valutazione dei processi attivati e di prodotto scolastico raggiunto.  In questo modo si dovranno esigere e supportare i processi di autovalutazione del Piano dell’offerta formativa, di competenza del Collegio dei docenti all’interno del più ampio processo di valutazione delle scuole.

E.  Dopo 13 anni di distanza dalla loro origine legislativa, occorre aggiungere precisazioni sui limiti e le funzioni di della certificazione delle competenze.  Resta perlomeno dubbio, nonostante le migliori intenzioni, che si possa procedere in maniera credibile ad una certificazione delle competenze chiave.

 

 

SCUOLA DELL’INFANZIA

 

6. Parte introduttiva

I riferimenti a bambini, famiglie, docenti e ambiente di apprendimento

Va resa più esplicita la descrizione delle caratteristiche del bambini e delle famiglie di oggi.

 

 

7. Struttura dei campi di esperienza

In generale i cinque campi di esperienza

Sono definiti in modo appropriato per consentire una efficace progettazione educativa e didattica.

 

 

9. Il profilo di sintesi

Nel capitolo è stato inserito un breve profilo delle competenze del bambino al termine

È una sezione utile perché consente di evitare la frammentazione dei singoli campi.

 

In generale crediamo che occorra fare di tutto per assumere le migliori pratiche nazionali in funzione del potenziamento dell’identità della scuola dell’infanzia, evitando di far si che il necessario rapporto con quella del I Ciclo si trasformi in uno schiacciamento sul quinquennio seguente, impoverendo così ulteriormente nelle caratteristiche che le avevano permesso di mantenere una posizione di eccellenza.

Nel primo paragrafo del Profilo si afferma che «la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado costituiscono il primo segmento del percorso scolastico», inserendo di fatto anche la scuola dell’infanzia in una sorta di primo ciclo di istruzione allargato. Sarebbe invece più corretto mantenere la scuola dell’infanzia in una posizione ancora esterna al primo ciclo.

 

 

LA SCUOLA DEL PRIMO CICLO

 

10. I compiti formativi della scuola di base

La sottolineatura è importante perché è un richiamo per i docenti a farne oggetto di attenzione trasversale in tutte le discipline.

La riflessione su Cittadinanza e Costituzione dovrebbe trovare posto all’interno della disciplina di storia.

 

Nel presentare la scuola del primo ciclo, il secondo capoverso racchiude alcune incongruenze. Si dichiara di voler prevenire «l’evasione dell’obbligo scolastico», commettendo contemporaneamente due errori: parlare di obbligo scolastico e non di obbligo di istruzione e limitarsi a misure preventive di riduzione o esclusione di un danno per il sistema, senza prevedere modalità attive di recupero; il resto lascia trasparire il rischio di una mentalità burocratica, attenta più all’eccezione che alla regola, più a garantire i casi marginali che a individuare le ordinarie finalità e modalità di lavoro di tutto il sistema.

Ci sembra inoltre reperire poco spazio alla eterogeneità ormai presente in tutte le scuole del I ciclo: DSA, stranieri, alunni con problematiche di disagio socio-economico..

 

 

11. Le caratteristiche dell’ambiente di apprendimento

Vengono confermate le caratteristiche dell’identità pedagogica del I Ciclo presenti nel testo del 2007, che fa perno sui concetti di operatività, alfabetizzazione, ambiente di apprendimento, valore formativo delle discipline.

La rappresentazione del primo ciclo appare troppo idealizzata e lontana dalla scuola reale.

In relazione alla generalizzazione degli istituti comprensivi occorre rafforzare ulteriormente una visione comune della scuola di base.

 

In generale (come già nelle misure di dimensionamento) ci sembra che l’istituto comprensivo (cfr. pag. 6) sia diventato un modello pedagogico da generalizzare, invece che solo un modello organizzativo in forte diffusione.  Restiamo convinti che i modelli pedagogici appartengano alla scelta delle scuole autonome, nell’ambito della programmazione regionale dell’Offerta formativa. La proposta ci sembra rafforzi la “gabbia” descritta più sopra.

La strutturazione del curricolo in senso verticale nei 5.000 Istituti comprensivi e con 400.000 insegnanti coinvolti, potrebbe diventare positiva ed efficace solo come scelta delle scuole e assunzione  di responsabilità condivisa dei docenti dei due ordini di scuola del I Ciclo, in rapporto con i docenti dell’Infanzia.

Si parla di «progressiva generalizzazione degli istituti comprensivi», che viene presentata come l’occasione per far passare quasi di diritto una condizione esistente al momento solo di fatto. Gli istituti comprensivi favorirebbero infatti la costituzione di «una scuola unitaria di base» che andrebbe dai tre anni di età alla fine del primo ciclo.

In effetti la realtà si presenta prevalentemente in questo modo, ma va chiarito se ciò è frutto di una scelta tecnico-politica o di una semplice circostanza empirica: rimane infatti sempre da chiarire la posizione della scuola dell’infanzia rispetto a un primo ciclo che sembra un po’ troppo fagocitarla.

 

 

12. Aree disciplinari

Nella bozza delle Indicazioni 2012 non è presente la precedente aggregazione delle discipline in 3 aree, con le relative presentazioni descrittive

La scelta è condivisibile, ma occorre inserire indicazioni più precise sul senso

dell'aggregazione tra le discipline e la ricaduta sul piano della progettazione e della

valutazione

 

Nell’inserire alcune indicazioni, è importante mettere in evidenza il nodo tra progettazione del curricolo e valutazione delle competenze.

 

 

13. Italiano

Le indicazioni di italiano propongono una più specifica definizione di obiettivi e traguardi relativi alle abilità linguistiche di base, comprese quelle lessicali, sintattiche, grammaticali.

Esprimiamo riserve perché questa impostazione potrebbe portare ad un insegnamento di tipo grammaticale della lingua.

 

Per l'italiano si pone l'accento sul dovere di acquisire le strumentalità del leggere e dello scrivere e si dà una definizione del leggere che è meno pregnante di quella che si aveva nella premessa ai nuovi programmi della scuola elementare del ministro Ermini (1955). Là, auspicando una scuola che insegnasse a leggere, si esigeva che la lettura fosse praticata con l’attenzione non solo agli strumenti tecnici ma anche a formare ragazzi «che ragionino con la propria testa» imparando «a misurare i limiti del proprio sapere e ad esercitare l'arte di documentarsi». Ovviamente, ciò non toglie si debbano far apprendere con sicurezza tutte le strumentalità.

 

 

14. Lingue comunitarie

Più chiaro l’ancoraggio di traguardi e  obiettivi al quadro europeo (A1 per la primaria, A2 per la prima lingua comunitaria nella secondaria di primo grado, A1 per la seconda lingua comunitaria)

Condividiamo questa scelta perché ci raccorda agli standard europei e offre certezza alle scuole.

 

Nella scuola primaria l’apprendimento linguistico include la comprensione di brevi testi multimediali, la consultazione di dizionari online, l’elaborazione di testi per il sito web scuola; viene richiesto di “sperimentare, anche con l’utilizzo del computer, diverse forme di scrittura”.

Al termine del primo ciclo le competenze richieste sono più avanzate: l’utilizzo della videoscrittura, la capacità di scrivere testi digitali, presentazioni al computer ecc..

L’apprendimento delle lingue comunitarie (pag. 32) stimola alla comunicazione con studenti di altri Paesi anche tramite le tecnologie informatiche (ricordiamo la piattaforma comunitaria e-Twinning).

Lo studio e la ricerca relative a tutte le discipline del curricolo ed alle loro connessioni interdisciplinari si avvantaggiano dello spazio web e delle nuove forme di comunicazione: i richiami sono continui e sistematici.

 

 

15. Storia

L’impostazione di storia conferma, con alcune precisazioni importanti, il percorso cronologico unico tra scuola primaria e secondaria di primo grado.

(nessuna delle tre risposte è condivisibile)

 

La storia, e soprattutto il suo insegnamento, è innanzitutto narrazione, racconto, che inizia in classe e continua sui libri. Racconto di uomini e donne. Indentificare la storia ed il suo insegnamento con “sistemi, processi, quadri, trasformazioni”, cioè tutti concetti da acquisire, è la strada sicura per il nozionismo, la noia, la sicura dimenticanza di quanto memorizzato.

Si pensi a Bruner: fino a una certa età il bambino pensa con un pensiero narrativo; o si pensi al gusto, alla passione dei bambini per le storie. Allora occorre proporre la Storia come intessuta, fatta, intrecciata di storie. Storie da raccontare o da far ricostruire, far  raccontare e magari recitare e giocare, o disegnare e dipingere... Storie fatta di uomini e donne, con cui stabilire un rapporto, un’“amicizia” , con cui identificarsi, di cui immaginare il volto e le vicende.

Proprio come proponeva la grande storica Regine Pernoud nel suo “Medioevo, un secolare pregiudizio”, una vivacissima e interessante scansione di temi per un programma di storia nelle scuole.

 

 

16. Geografia

Le indicazioni di geografia scelgono un approccio multilivello (dal locale al globale e viceversa) e interdisciplinare (incontro tra diversi saperi)

Sarebbe più utile individuare un sillabo dei contenuti geografici da insegnare sicuramente nelle diverse classi del primo ciclo.

 

 

17. Matematica

Le indicazioni di matematica si presentano in forte continuità con le elaborazioni dei precedenti testi programmatici del 2004 e 2007

Obiettivi e traguardi sono chiari e presentano una esplicita progressione verticale.

 

18. Scienze

Le indicazioni di scienze insistono sulla dimensione sperimentale e laboratoriale.

È importante aver accentuato la dimensione sperimentale dell’insegnamento, ma bisognerebbe lasciare più libertà nella scelta delle cose da fare.

 

Sembra nella prima parte del testo introduttivo che la conoscenza scientifica si generi quasi spontaneamente attraverso degli atteggiamenti di curiosità, ricerca  di gruppo.

Sembra un po’ banalizzato l’apporto formativo delle Scienze che consiste nel costante e, a vari livelli, sempre più preciso confronto con quanto la realtà (fisico chimica, biologica, geologica, ambientale ecc.) pone lascia scoprire di sé, in un continuo adeguamento dell’ipotesi teso a fornire la più adeguata spiegazione del fenomeno. A questo proposito particolarmente utile, ma non ne viene fatto cenno, risulta essere la prospettiva storica. Anche la semplice lettura o narrazione della “storia di una scoperta scientifica” i travagli e i ripensamenti che l’hanno caratterizzata, avvalora ulteriormente il carattere formativo della disciplina, oltre che aprire spazi di ricerca scientifica nelle nuove generazioni.

Percepire infatti che quanto sappiamo è l’esito di un percorso ancora non concluso, che ha impegnato tanti prima di noi, muove con interesse verso la sfida delle conoscenza. Il doversi confrontare, anche sperimentalmente con un corpo dogmatico definito invece è poco stimolante.

 

 

19. Musica

Le indicazioni di musica tengono l’equilibrio tra l’approccio alla pratica musicale, la dimensione culturale della musica, la promozione della musica d’insiene e l’uso degli strumenti

L’impostazione è condivisibile ma va chiarito il rapporto tra studi specialistici della musica l’idea della musica per tutti.

 

Un serio rilancio della cultura musicale esige: una più ampia attenzione alla pratica della musica sia singola che d’insieme;  un serio incentivo a stretti rapporti con le realtà musicali delle comunità locali.

 

 

20. Arte e immagine

Per arte e imamgine un passagggio della semplice lettura e fruizione del messaggio visivo all’esperienza  partecipata degli allievi.

Accettabile ma richiede più tempo e spazi dedicati e di attrezzature ad hoc.

 

  

21. Scienze motorie e sportive

Conferma la sua vocazione di disciplina che sviluppa le competenze motorie, la cura di sé e si offre come contesto di riferimento per tutte le altre discipline (partire sempre dal corpo)

La disciplina è ben articolata e consente di calibrare la programmazione educativa e

didattica.

 

 

22. Tecnologia

La tecnologia si riconferma come disciplina in equilibrio tra dimensioni operative,

riflessione sugli oggetti e sui processi tecnologici, con un richiamo esplicito alle nuove tecnologie dell’informazione (TIC)

 

Le nuove Indicazioni abbondano di suggerimenti (prima assenti) affinché le nuove tecnologie non siano circoscritte alle specifiche attività di Tecnologia (pag. 60) bensì entrino trasversalmente in tutti gli apprendimenti, a partire dalla scuola primaria.  Già nel “Profilo delle competenze al termine del primo ciclo dell’istruzione” sono enucleate le seguenti competenze:

riesce ad utilizzare una lingua europea nell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: posta elettronica, navigazione web, social network, blog, ecc.;

utilizza in modo sicuro le tecnologie della comunicazione”.

Purtroppo, l’incentivazione al ricorso a tali tecnologie da parte di bambini e preadolescenti è privo dei doverosi  richiami alla prudenza ed al controllo da parte degli educatori, soprattutto per quanto riguarda navigazione web e social network.

Si insiste positivamente molto sul fare,  giustamente ridimensionando l’eccessivo peso delle tecnologie dell'informazione e digitali che nelle indicazioni di Fioroni svolgevano un ruolo privilegiato.  Opportuna è la considerazione che la padronanza degli strumenti è stata «spesso acquisita al di fuori dell'ambiente scolastico»: ma questo rafforza l’esigenza che l’operato della scuola ne recuperi le vere finalità di apprendimento e gli atteggiamenti critici neecssari.

Comunque appare problematico ancora lo spazio alle “nuove” tecnologie, a scapito di una nuova e seria reintroduzione della manualità nella vita della scuola primaria e secondaria. Occorre ridare spazio ad una dimensione umanistica del lavoro anche manuale, esercitato, agito, prodotto, con spazi e interventi esterni, con un forte rapporto con i “mestieri” tradizionali locali e con la precisa attenzione alla dimensione corpoera, attiva ed operativa del bambino e del ragazzo.

 

 

 

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

 

23. Caratteristiche del testo

La descrizione dei traguardi e degli obiettivi di apprendimento

Appare troppo analitica e sovraccarica di informazioni e precisazioni, occorre sfrondare ancora.

 

 

24. Livello di leggibilità

Obiettivo della revisione è quello di semplificare il linguaggio e l’esposizione, adottando un registro comunicativo più efficace

La leggibilità è migliorata

 

25. Impatto complessivo della bozza esaminata

Dovendo pensare  ad una attuaizone a scuola il testo

Si presenta più realistico in quanto obiettivi e traguardi sono conseguibili dagli allievi

 

Il nuovo testo alla fine non si limita tuttavia ad aggiustamenti marginali.  Rileviamo l’importanza assegnata al ruolo dell’azione didattica operata dal docente, che può fare per davvero la differenza nel processo di ri-orientamento delle prassi di insegnamento in funzione dello sviluppo e del consolidamento delle competenze. La riflessione assume particolare valore anche in considerazione del fatto che, purtroppo, il 76% dei docenti italiani nell’ultimo monitoraggio ha dichiarato di adottare come modello didattico di riferimento la lezione frontale.

Ci spiace, infine, non reperire più l’esplicito riferimento che faceva la Lettera introduttiva delle Indicazioni del 2007, laddove si faceva riferimento alla categoria dell’educare istruendo e alla necessità che la scuola sia un luogo di incontro tra persone. Quel riferimento era una forte  sottolineatura di una idea di scuola come luogo di sintesi di esperienze e di trasmissione di saperi che nascono dalla tradizione.

 

 

Spazio aperto per la scuola

Un’idea, un suggerimento, un’osservazione (max 250 caratteri, spazi compresi)

 

Riteniamo occorra un più chiaro rifrimento agli obiettivi e traguardi di Insegnamento delle Religione Cattolica nei testi normativi emanati, pocihè questi concorrono alla formazione della persona.

Ribadiamo infine quanto accennato al punto 3 perché con più evidenza si rafforzi il riferimento ai necessari rapporti (in tutti i campi: si pensi ad es. ai mestieri, alle storie, ecc.) con la famiglia, la comunità locale, il contesto sociale ed economico.

In questo spazio poi ogni scuola dovrebbe individuare la buona pratica o l’esperienza più significativa attuata in questi anni e trasformarla in suggerimento migliorativo del settore o ambito al quale queste si riferiscono.

 

 

4 luglio 2012  -    La Direzione nazionale

 

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Per facilitare la consultazione del documento alleghiamo il testo ministeriale del Questionario utilizzato per la consultazione.

 

 
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