Spesa scuola: ancora calo risorse secondo il DPEF


Governo: diminuirà la spesa per l’istruzione
Tuttoscuola - 14 aprile 2011

Per i prossimi anni l’Italia investirà meno risorse finanziarie (Pil) per l’istruzione.
Lo prevede il Documento di Economia e Finanza 2011 varato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero dell’Economia e Finanze.
La percentuale del Prodotto interno lordo (Pil), cioè la ricchezza del Paese, relativa all’istruzione e determinata per il 2010 (come per il 2005) nella misura del 4,2%, per gli anni e i decenni successivi tenderà gradualmente a diminuire.
Già nel 2015 sarà sceso al 3,7%, nel 2020 al 3,5%, nel 2025 al 3,4% e continuare lentamente a decrescere fino al 2040 per riprendere a salire lentamente nei quinquenni successivi.
Stupisce questa previsione di minor investimento per l’istruzione, ma la spiegazione (tecnica) è contenuta nello stesso Documento che precisa, in proposito che le previsioni sono frutto di proiezioni effettuate utilizzando i modelli di previsione di medio-lungo periodo della Ragioneria Generale dello Stato.
In particolare (e questa sembra essere la spiegazione della flessione del Pil) le previsioni sono conseguenti alle variazioni demografiche e macroeconomiche elaborate da Eurostat nel 2007 che hanno evidenziato per l’Italia una tendenza di flessione del flusso immigratorio, il calo di fecondità delle donne, l’invecchiamento complessivo della popolazione.
Nei prossimi quinquenni vi dovrebbe essere, quindi, un costante decremento della popolazione scolastica con conseguente minor fabbisogno di classi, docenti, personale Ata, servizi, ecc. La spesa per l’istruzione dovrebbe, quindi, diminuire strutturalmente.

 

1. Se la quota del Pil per la scuola precipita/1

Tuttoscuola - 18 aprile 2011

Dopo i pesanti tagli di questi anni agli organici della scuola per consentire al Tesoro di fare cassa in un momento di pesanti difficoltà economiche, solo parzialmente mitigati dalla quota (il 30%) delle risorse tagliate che dovrebbero ritornare come risparmio di sistema per finanziare la riqualificazione del nostro sistema di istruzione (e sappiamo che una parte rilevante di quel 30% è stata già riassorbita per salvaguardare gli stipendi attuali, e non per incrementarli), dall’orizzonte della scuola italiana sembra svanire anche per i prossimi decenni la possibilità di un ciclo di investimenti che possano fare da volano per la sua riqualificazione.

Lo si desume dal recentissimo Documento di Economia e Finanza 2011 varato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero dell’Economia e Finanze. Infatti, secondo calcoli e proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato, per alcuni decenni gli investimenti per il sistema di istruzione italiano dovrebbero diminuire.

Il Pil, cioè la ricchezza del Paese che per l’istruzione in Italia già attualmente viene riservata in quote complessivamente inferiori alla media europea, dovrebbe diminuire gradualmente di quinquennio in quinquennio dall’attuale magro 4,5% fino a toccare nel 2040 il 3,2%, per poi riprendere a salire lentamente.

 

2. Se la quota del Pil per la scuola precipita/2

Tuttoscuola - 18 aprile 2011

Le previsioni contenute nel Documento di Economia e Finanza 2011 sono conseguenti alle variazioni demografiche e macroeconomiche elaborate da Eurostat nel 2007 che hanno evidenziato per l’Italia una tendenza di flessione del flusso immigratorio, il calo di fecondità delle donne, l’invecchiamento complessivo della popolazione al punto da determinare un minor fabbisogno di classi e di personale scolastico.

Chi ha preso quelle previsioni statistiche e le ha ribaltate pari pari sulle previsioni di spesa per l’istruzione nei prossimi decenni ha dimenticato evidentemente i problemi strutturali di cui soffre il sistema formativo italiano. Se essi non possono essere affrontati in un periodo di crisi economica come quello attuale, sarebbe miope non pensarne la soluzione in uno scenario di lungo termine.

Se con l’attuale 4,5% del Pil si riesce a destinare solo una quota limitatissima agli investimenti, riesce difficile immaginare che scendendo al 3,2% - sia pure di fronte a una riduzione della popolazione scolastica e quindi della base di costo del servizio - si possano trovare le risorse per innalzare la qualità del sistema. E se con quel 4,5% di oggi gli stipendi del personale scolastico italiano sono di gran lunga inferiori a quelli dei colleghi europei, sembra improbabile che il 3,2% previsto incorpori le risorse per un significativo miglioramento retributivo.

Se questa fosse soltanto una semplice esercitazione accademica volta a rilevare gli impatti sul sistema determinati da alcuni fenomeni socio-economici non governati, si potrebbe non preoccuparsi. Ma si tratta invece di un documento politico di previsione dello scenario macroeconomico visto dal Governo in carica.

C’è da chiedersi dove sono finiti i proclami per riqualificare il sistema scolastico italiano. Formazione del personale, riconoscimento del merito, potenziamento dei servizi, messa in sicurezza degli edifici, lotta al dispersione scolastica, ecc, ecc, ecc? Solo parole?

 

3. Il PIL per l'istruzione in Europa

Tuttoscuola - 18 aprile 2011

Quanta ricchezza del Paese è investita in istruzione? La Commissione europea, nel fissare a Lisbona nel 2000 gli obiettivi di qualificazione e potenziamento dei sistemi scolastici e formativi dei Paesi aderenti non ha quantificato obiettivi precisi, ma ha impegnato i Paesi aderenti a riservare risorse per l’istruzione, quale investimento per lo sviluppo e per la creazione della società della conoscenza.

Mediamente il Paesi dell’Unione hanno investito nel 2006 poco più del 5% del Pil nell’istruzione (5,05%), un magro 0,1 punti in percentuale in più rispetto al 2000.

Vediamo la situazione Paese per Paese. Vi sono Paesi, come ad esempio la Danimarca o l’Islanda, che hanno investito più del 7% del  prodotto interno lordo in istruzione; ma ci sono anche Paesi, come, ad esempio, la Romania, la Slovacchia e il Lussemburgo che hanno investito meno del 4% del PIL.

L’Italia nel 2006 ha investito il 4,73% del Pil in istruzione, cioè 0,2 punti in percentuale più di quanto investito nel 2000.

Germania, Regno Unito, Francia, Belgio e Olanda hanno investito più dell’Italia. La Spagna ha investito quasi mezzo punto in percentuale meno dell’Italia. L’Islanda e Cipro investono più del 7% di Pil per l’istruzione; la Danimarca addirittura quasi l’8%. Investono più del 6% della loro ricchezza interna la Svezia, Malta, la Norvegia, la Finlandia e il Belgio.

 

Investimenti pubblici per l'istruzione: % PIL

 

 

DAN

ISL

CIP

SVE

MAL

NOR

FIN

BEL

SLO

FRA

GB

OLA

AUS

UNG

POL

POR

GER

LET

UE

2000

8,29%

5,81%

5,35%

7,21%

4,49%

6,74%

5,89%

6,00%

5,89%

6,03%

4,46%

4,96%

5,74%

4,42%

4,89%

5,42%

6,00%

5,64%

4,91%

2006

7,98%

7,55%

7,02%

6,85%

6,76%

6,55%

6,14%

6,00%

5,72%

5,58%

5,48%

5,46%

5,44%

5,41%

5,25%

5,25%

7,90%

5,07%

5,05%

diff.

-0,3

1,7

1,7

-0,4

2,3

-0,2

0,3

0,0

-0,2

-0,5

1,0

0,5

-0,3

1,0

0,4

-0,2

1,9

-0,6

0,1

 

 

UE

IRL

LIT

EST

ITA

CEC

SPA

BUL

CRO

GRE

SLK

ROM

LUS

TUR

2000

4,91%

4,28%

5,90%

6,10%

4,55%

3,97%

4,28%

3,97%

3,72%

3,39%

3,93%

2,86%

3,74%

2,59%

2006

5,05%

4,86%

4,84%

4,80%

4,73%

4,61%

4,28%

4,24%

4,11%

4,00%

3,79%

3,48%

3,41%

2,86%

diff.

0,1

0,6

-1,1

-1,3

0,2

0,6

0,0

0,3

0,4

0,6

-0,1

0,6

-0,3

0,3

 

 
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